Prendersi cura dell’ambiente è un gesto di ecologia umana. Così Papa Francesco ai sindaci riuniti nell’Aula nuova del Sinodo, martedì pomeriggio, 21 luglio, durante l’incontro sul tema «Modern Slavery and Climate Change: the Commitment of the Cities», organizzato dalla Pontificia accademia delle Scienze sociali per discutere sulla crisi del clima e le nuove forme di schiavitù. Il Pontefice ha pronunciato a braccio un discorso in lingua spagnola, del quale pubblichiamo la traduzione proposta dall’Osservatore Romano del 23 luglio.
Mi permetto di parlare in spagnolo. Buonasera, benvenuti.
Vi ringrazio sinceramente di cuore per il lavoro che avete fatto. È vero che tutto girava intorno al tema della cura dell’ambiente, di questa cultura della cura dell’ambiente, però questa cultura della cura dell’ambiente non è un atteggiamento solamente — lo dico nel vero senso della parola — “verde”, non è un atteggiamento “verde”, è molto di più. Prendersi cura dell’ambiente significa avere un atteggiamento di ecologia umana. Non possiamo dire, cioè, che la persona sta qui e il creato, l’ambiente stanno lì. L’ecologia è totale, è umana. E questo è quello che ho voluto esprimere nell’enciclica Laudato si’: che non si può separare l’uomo dal resto; c’è una relazione che incide in maniera reciproca, sia dell’ambiente sulla persona, sia della persona nel modo in cui tratta l’ambiente; e anche l’effetto rimbalzo contro l’uomo quando l’ambiente viene maltrattato. Per questo di fronte a una domanda che mi hanno fatto ho risposto: “No, non è un’enciclica ‘verde’, è un’enciclica sociale”. Perché nella società, nella vita sociale dell’uomo, non possiamo prescindere dalla cura dell’ambiente. In più, la cura dell’ambiente è un atteggiamento sociale, che ci socializza, in un senso o nell’altro — ognuno può dargli il valore che vuole — dall’altro lato, ci fa ricevere — mi piace l’espressione italiana, quando parlano dell’ambiente —, del Creato, di quello che ci è stato dato come dono, ossia l’ambiente.
Dall’altro lato, perché questo invito, che mi è parsa un’idea della Pontificia Accademia delle Scienze, di Mons. Sánchez Sorondo, molto feconda, di invitare i Sindaci delle città grandi, e non tanto grandi, invitarli qui per parlare di questo? Perché una delle cose che più si nota quando l’ambiente, la creazione non è curata, è la crescita a dismisura delle città. È un fenomeno mondiale. È come se le teste, le grandi città, si facessero grandi, però ogni volta con cordoni di povertà e di miseria più grandi, dove la gente soffre gli effetti della trascuratezza dell’ambiente. In questo senso è coinvolto il fenomeno migratorio. Perché la gente viene nelle grandi città, nei cordoni delle grandi città — “villas miseria”, le baracche, le favelas? Perché fa questo? Semplicemente perché il mondo rurale non dà loro opportunità. E qui un punto che sta nell’Enciclica — e con molto rispetto, però si deve denunciare — è l’idolatria della tecnocrazia. La tecnocrazia porta a distruggere il lavoro, crea disoccupazione. I fenomeni di disoccupazione sono molto grandi e le persone sono costrette a emigrare, cercando nuovi orizzonti. Il grande numero di disoccupati allarma. Non ho le statistiche, però in alcuni Paesi d’Europa, soprattutto i giovani, la disoccupazione giovanile — dai 25 anni in giù — supera il 40 per cento e in alcuni arriva al 50 per cento. Tra il 40, il 47 — sto pensando ad altri Paesi — e il 50. Sto pensando ad altre statistiche serie date dai Capi di governo, dai Capi di Stato direttamente. E questo proiettato nel futuro ci fa vedere un fantasma, ossia una gioventù disoccupata che, oggi, quale orizzonte e quale futuro può offrire? Che cosa rimane a questa gioventù: o le dipendenze, la noia, il non sapere che cosa fare della propria vita — una vita senza senso, molto dura, il suicidio giovanile — le statistiche di suicidio giovanile non sono pubblicate nella loro totalità — o cercare in altri orizzonti, anche in progetti di guerriglia, un ideale di vita.
Dall’altro lato, è in gioco la salute. La quantità di “malattie rare”, così si chiamano, che provengono da molti elementi usati per fertilizzare i campi — o chissà, ancora non si sa bene la causa — ma comunque da un eccesso di tecnicizzazione. Tra i problemi più grandi in gioco ci sono quelli dell’ossigeno e dell’acqua. Cioè la desertificazione di grandi zone per la deforestazione. Al mio fianco c’è il Cardinale Arcivescovo incaricato dell’Amazzonia brasiliana, che può dire quello che significa una deforestazione oggi in Amazzonia, che è il polmone del mondo. Il Congo, l’Amazzonia sono i grandi polmoni del mondo. La deforestazione nella mia patria da alcuni anni… 8, 9 anni fa mi ricordo che il Governo Federale fece un processo in una provincia per fermare la deforestazione che colpiva la popolazione.
Che succede quando tutti questi fenomeni di tecnicizzazione eccessiva, senza cura dell’ambiente, oltre ai fenomeni naturali, incidono sulla migrazione? Non avere lavoro e poi la tratta delle persone. Ogni volta è più frequente il lavoro in nero, un lavoro senza contratto, un lavoro “organizzato sotto banco”. Come è cresciuto! Il lavoro in nero è molto diffuso, e questo significa che una persona non guadagna sufficientemente per vivere. Questo può provocare reati, tutto quello che succede in una grande città a causa di queste migrazioni provocate dalla tecnicizzazione eccessiva. Soprattutto mi riferisco all’ambiente agricolo e anche alla tratta delle persone nel lavoro minerario. La schiavitù mineraria è vasta e molto forte. E quello che significa l’uso di certi elementi del trattamento dei minerali — arsenico, cianuro… — che fanno ammalare la popolazione. In questo c’è una responsabilità molto grande. Tutto rimbalza, tutto torna indietro, tutto… È l’effetto rimbalzo contro la stessa persona. Può essere la tratta di esseri umani per il lavoro schiavista, la prostituzione, che sono fonti di lavoro, per poter sopravvivere oggi.
Per questo sono contento che voi abbiate riflettuto su questi fenomeni — io ne ho menzionati alcuni, non di più — che colpiscono le grandi città. Alla fine io direi che di questo debbano interessarsi le Nazioni Unite. Ho molta speranza nel vertice di Parigi del prossimo novembre: che si raggiunga un accordo fondamentale e di base. Ho molta speranza. Tuttavia le Nazioni Unite devono interessarsi con molta forza di questo fenomeno, soprattutto della tratta delle persone provocata da questo fenomeno ambientale, lo sfruttamento della gente.
Ho ricevuto qualche mese fa una delegazione di donne delle Nazioni Unite, incaricate del problema dello sfruttamento sessuale dei bambini nei Paesi di guerra. I bambini come oggetto di sfruttamento. È un altro fenomeno. E le guerre sono anche elemento di squilibrio dell’ambiente.
Vorrei infine terminare con una riflessione, che non è mia, ma del teologo e filosofo Romano Guardini, che parla di due forme di “incultura”: l’incultura che Dio ci ha lasciato, perché la trasformassimo in cultura, e per questo ci ha dato il mandato di curare, far crescere e dominare la terra; e la seconda incultura, quando l’uomo non rispetta questa relazione con la terra, non la cura — è molto chiaro nel racconto biblico, che è una letteratura di tipo mistico. Quando non la cura, l’uomo si impadronisce di quella cultura e comincia a deviarla. Ossia l’incultura: la devia, ne perde il controllo e dà origine a una seconda forma di incultura: l’energia atomica è buona, può aiutare. Fino a qui va bene, ma pensiamo a Hiroshima e a Nagasaki. Si crea cioè il disastro e la distruzione, per fare un vecchio esempio. Oggi, in tutte le forme di incultura, come quelle che avete trattato, questa seconda forma di incultura è quella che distrugge l’uomo. Un rabbino del Medio Evo, più o meno dell’epoca di San Tommaso d’Aquino — forse qualcuno me l’ha sentito dire — spiegava in un “midrash” il problema della Torre di Babele ai suoi “parrocchiani” nella Sinagoga e diceva che per costruire la Torre di Babele c’era voluto molto tempo e molto lavoro, soprattutto nel fare i mattoni. Richiedeva preparare il fango, cercare la paglia, ammassarla, tagliarla, farla seccare, poi metterla nel forno, cuocerla… Un mattone era un gioiello, valeva moltissimo. E portavano su il mattone per metterlo sulla torre. Quando cadeva un mattone era un problema molto grave e il colpevole, quello che aveva trascurato il lavoro e aveva lasciato cadere il mattone, era punito. Quando cadeva un operaio, di quelli che lavoravano nella costruzione, non succedeva niente. Questo è il dramma della seconda forma di incultura: l’uomo come creatore di incultura e non di cultura; l’uomo creatore di incultura, perché non ha cura dell’ambiente.
E perché questo invito della Pontificia Accademia delle Scienze ai Sindaci delle città, perché, anche se questa coscienza esce dal centro verso le periferie, il lavoro più serio e più profondo si fa dalle periferie verso il centro, cioè da voi verso la coscienza dell’umanità. La Santa Sede, o quel Paese o quell’altro, potrà fare un bel discorso alle Nazioni Unite, ma se il lavoro non parte dalle periferie verso il centro non ha effetto. Da qui la responsabilità dei Sindaci delle città.
Per questo vi ringrazio moltissimo che vi siate riuniti come periferie che prendono molto sul serio questo problema. Ognuno di voi ha dentro la sua città cose come quelle di cui ho parlato e che voi dovete governare, risolvere e così via. Ringrazio per la collaborazione. Mons. Sánchez Sorondo mi ha detto che molti di voi sono intervenuti e che tutto questo è molto ricco.
Vi ringrazio e chiedo al Signore che ci dia la grazia di poter prendere coscienza di questo problema di distruzione che noi stessi stiamo portando avanti nel non avere cura dell’ecologia umana, nel non avere una coscienza ecologica come quella che ci fu data al principio per trasformare la prima incultura in cultura, e fermarsi lì, e non trasformare questa cultura in incultura.
Papa Francesco ai Sindaci: la coscienza ecologica si costruisce in periferia
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