La metà delle web tv italiane rischia di morire

C’è una mannaia che starebbe per abbattersi sulle tanti voci libere che popolano la rete, piccole grandi antenne espressione della videopartecipazione dal basso.

Una mannaia che metterebbe a rischio la sopravvivenza delle centinaia di micro web tv e web radio nate per passione in ogni angolo del Paese.

A quanto anticipato proprio da Wired.it – e le indiscrezioni purtroppo hanno trovate le prime conferme – nella sera di giovedì 11 novembre l’AgCom avrebbe determinato il rimborso spese per l’istruttoria che ogni aspirante editore di contenuti audiovisivi dovrebbe sostenere: gli importi di cui si parla oggi sono tra i 750 e i 1.500 euro.

Non è ancora chiaro quali siano i destinatari reali di questa autorizzazione, ma sembra potrebbe esserci una selezione sulla base di palinsesti ‘leggeri’ o ‘pesanti’ analizzati sulle ore di programmazione, ha affermato l’avvocato Guido Scorza, che segue per la nostra federazione delle micro web tv FEMI le istruttorie dell’AgCom.

Il condizionale è ancora d’obbligo, ma lo sdegno diventa imperativo se la normativa dovesse essere confermata e applicata.

Per intenderci, questa attuazione di regolamento causerebbe lo spegnimento di tante antenne accese per passione, per impegno civico, protese a raccontare ciò che accade in terre dimenticate, a denunciare ciò che non va, a creare un filodiretto tra i cittadini e le amministrazioni comunali. E ci porterebbe lontano anni luce dalle vigenti normative europee recepite nei diversi Stati.

Piccoli, liberi, indipendenti. E ora anche a rischio, minacciati da una regolamentazione pretestuosa e arbitraria. Il coraggio è il tratto che caratterizza questo micro-citizen-journalism all’italiana. A oggi con l’osservatorio delle micro web tv Altratv.tv abbiamo mappato 346 antenne. Di queste si stima che la metà chiuderebbero, se la normativa venisse attuata.

I canali tv e radio dal basso hanno documentato la difficile quotidianità nelle tendopoli aquilane e, sempre a L’Aquila, per primi hanno denunciato la presenza di sabbia nel cemento degli edifici crollati. Queste web tv ancora oggi continuano a esserci dove accadono i fatti, con le telecamere che non smettono di riprendere consegnando alla memoria della rete documenti di estrema importanza. Come quelli girati sabato scorso a Brescia, nel corso degli scontri tra i manifestanti scesi in piazza a favore dei migranti presi poi a manganellate.

Da queste colonne oggi più che mai si parla di banda larga come priorità strategica per il Paese. E si auspica l’impegno concreto della politica. Ecco, far spegnere queste voci libere nuocerebbe alla diffusione capillare della banda larga in Italia. Ricordo, per esempio, le difficoltà di Michelino TV. Da Besozzo, in provincia di Varese, il team composto da giovanissimi è costretto a spostarsi nei paesi vicini per caricare i filmati perché lì dove sono loro non c’è banda larga. Lo stesso devono fare a Senigallia quelli di Disco Volante, web tv messa in piedi dai portatori di handicap per denunciare le barriere architettoniche. La banda larga a macchia di leopardo la si combatte anche così. Ecco, la normativa approvata dall’AgCom penalizzerebbe tutti questi sforzi.

Ora è importante comprendere ciò che sta accadendo – siamo in una fase delicata e interlocutoria – ma sicuramente questi fatti implicheranno un richiamo all’azione. L’appuntamento per concordare mobilitazioni in rete è a Milano, in occasione del meeting nazionale delle micro web tv giunto al quarto anno e previsto giovedì 2 e venerdì 3 all’Università IULM. Ä– nel meeting che lanceremo una grande campagna. Perché occorre schierarsi per salvaguardare gli spazi di libertà, scendere in piazza – nell’agorà digitale – per difendere coloro che denunciano le illegalità diffuse, le mafie, il malaffare. Io sto dalla loro parte. E oggi più che mai è importante essere in tanti, fare rete.

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