In arrivo la tempesta perfetta Auto, allarme rosso Unrae

L’auto è in ginocchio, le vendite latitano e c’è tanto pessimismo in giro. E ora quelle poche macchine che si potevano vendere sono bloccate dallo sciopero delle bisarche. Romano Valente, appena nominato lo scorso febbraio Direttore Generale dell’Unrae, associazione case estere, è in mezzo a una tempesta. Sull’agitazione degli autotrasportatori ci siamo già mossi chiedendo sanzioni contro scioperi illegittime, ma il problema è più generale: bisogna spiegare con chiarezza che con questi numeri di vendita l’attuale organizzazione dell’auto in Italia non ce la fa. Non sta in piedi.

Chi saranno i primi a cadere?I dealer più deboli soccomberanno per primi. Ma è una situazione critica per tutti. Le posso dire che – complessivamente – quest’anno le case perderanno un 10 per cento dei loro mandati. Fino ad oggi abbiamo già perso nomi illustri nel mondo dei concessionari. Proprio in queste ore abbiamo organizzato un censimento per avere dati precisi sulle perdite. La situazione è davvero drammatica.

Quindi anche le grandi catene di concessionarie sono a rischio?Si. Stimiamo che entro l’anno in Italia perderanno il lavoro 10 mila dipendenti nel settore auto. Si tratta di professionalità molto specializzate: venditori, tecnici, esperti di marketing, di gestione vendite. Tutte persone che si trovano senza paracadute e con enormi difficoltà di trovare altri lavori. E la cosa più incredibile è che di tutta questa vicenda non si parla mai.Perché secondo lei?Non fa notizia perché sono 10 mila posti di lavoro sparsi a macchia di leopardo in tutta Italia. Rispetto all’evento drammatico della chiusura di una grande fabbrica come quella di Termini Imerese non c’è partita ma qui parliamo della perdita di posti di lavoro 4 volte superiore. E poi di una crisi che oltre ad avere un forte impatto sociale ha anche un risvolto economico importante: con la crisi dell’auto lo stato perde 8,3 miliardi di mancato gettito fiscale di Iva l’anno.

Ma non succede nulla. Forse è una questione di pressione sul governo? Guardando quello che hanno ottenuto i tassisti o altre lobby, pensa che anche il mondo dell’auto possa arrivare a forme di protesta clamorose?Noi non possiamo avere un atteggiamento di dura contestazione, non possiamo esasperare i rapporti con il governo. Intanto perché abbiamo una relazione di sincera stima nei confronti di questo governo tecnico che ha un eccellente approccio europeista. E poi perché dobbiamo mantenere un tono di voce coerente con lo stile delle aziende che rappresentiamo.

Intanto però il mercato va a picco. Cosa fate allora?Ci proponiamo come coloro che hanno a disposizione analisi e dati per supportare il governo in scelte difficili. Noi abbiamo messo a disposizione del governo Monti tutto il nostro know how per poter pianificare con certezza manovre economiche sul settore.

Va bene, voi l’avete messo a disposizione, ma il governo vi ha chiesto qualcosa?No, nulla, non c’è stato un passo in questa direzione.

Siamo a lettera morta.Non posso dirlo, il tema dell’auto è sotto gli occhi di tutti, è un tema centrale nell’economia del Paese. E se questa filiera rappresenta l’11,3 per cento del Pil è chiaro che la crisi del settore inciderà a livello globale. La sensibilità del governo c’è. Una riflessione quindi prima o poi arriverà.

Ma senza aiuto del governo, non c’è nulla che le case automobilistiche possano fare da sole?Le case stanno percorrendo tutte le strade possibili con le politiche dei prezzi. In realtà quello che capiamo è che il problema è a valle del processo di acquisto. Il mantenimento dell’auto pesa, la lista degli aumenti sulla gestione della macchina è infinita: IPT, tassa di possesso, assicurazioni, caro-cabruranti e pedaggi autostradali. E qui abbiamo difficoltà a intervenire. E’ più facile programmare iniziative a sostegno delle famiglie e dei giovani nel processo dell’acquisto, per ricreare una spirale positiva a impatto zero per le casse dello stato.

Si dice sempre così ma il governo è ancora scottato dai vecchi incentivi che sono costati alle casse dello Stato un buco di bilancio difficile da spiegare.E’ vero, qualcosa non ha funzionato nei vecchi incentivi ma nella nostra nuova proposta questo rischio non c’è: un piano strutturale di supporto al rinnovo del parco automobilistico con rottamazione di veicoli euro 2, 1 e 0 che segue i target dettati dell’Europa nel sull’abbattimento delle emissioni di C02 non ha rischi.

Quindi chiedete ancora incentivi?Non trovo un’altra parola per identificare una manovra che può aiutare l’auto. Non dimentichiamo che dalla crisi del 1993-1997 l’auto uscì solo grazie alla rottamazione. E ne uscì fuori alla grande: per più di 10 anni le vendite rimasero forti. Quindi vuol dire che l’azione di incentivo ha funzionato. E che ora c’è una disperata necessità di avere qualcosa di simile: sono 4 anni che le vendite calano. E non sappiamo ancora quando finirà: con l’incentivo c’è la certezza di far ripartire il mercato.

Ma si è anche detto che gli incentivi sono una droga per le vendite.Per questo vorremmo incentivi più strutturali, articolati almeno su tre anni, con una logica da exit strategy che diano il tempo di assorbire la manovra e di prepararsi al mantenimento delle vendite senza aiuti.

Si dice sempre così, ma ad ogni arrivo di incentivi c’è una corsa immediata ‘all’arraffo’, a fare più vendite possibili senza mai guardare al domani. E poi i problemi si ingigantiscono.Solo perché sono stati incentivi di un anno: è naturale, anzi è inevitabile che così si trasformino in un boomerang anticipando la domanda. Se fossero aiuti strutturali il discorso darebbe diverso.

E poi come la mette con l’accusa che sostiene che gli incentivi aiutano le case straniere?E’ un luogo comune: non dimentichiamo che i costruttori esteri fanno un ricorso massiccio di componentistica italiana: in termini di valore il 44% della componentistica di un’auto straniera è italiana. E la distribuzione di queste auto è al cento per cento italiana: quando un’auto estera varca il confine comincia a far lavorare il nostro Paese.

Come finisce questa storia? Come ne usciamo?Siamo in un mare agitato. E si sta avvicinando la tempesta perfetta. Ma sono ottimista e credo che questo governo riuscirà a trovare un percorso da fare insieme alle case automobilistiche.

E se non arriverà questo aiuto però il porto non lo vedrà nessuno.E’ vero, in ogni caso cerchiamo di stimolare la passione verso l’oggetto automobile. I giovani sono distaccati e preoccupati dalla gestione, ma dobbiamo dimostrare che l’auto non solo è fruibile ma è anche godibile.

Una parola…E’ il nostro mestiere da sempre, continuiamo a farlo con entusiasmo e non ci arrendiamo.

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