il 7 agosto una delegazione di lavoratori exFiat e dell’indotto da Renzi

Il 14 agosto dello scorso anno i metalmeccanici di Termini Imerese avevano promesso al presidente del Consiglio e alla sua squadra in tour nel mezzogiorno in crisi, che se non fosse partita la reinduistrializzazione e il lavoro non sarebbero rimasti a guardare. Infatti, con qualche giorno di anticipo sulla scadenza, il 7 agosto, una delegazione di lavoratori degli stabilimenti ex Fiat e dell’indotto saranno al Nazareno per provare ad incontrare il presidente del Consiglio e tenere fede alla promessa fatta.
Le attese in questo anno sono diventate estenuanti, un anno addietro l’elicottero atterrò a Termini Imerese e dopo pochi minuti insieme alle autorità e ai delegati dei lavoratori eravamo intorno ad un tavolo per un confronto risolutivo sul “simbolo della crisi industriale del Sud che poteva diventare testimonianza di una rinascita”. Come Fiom, consegnammo un testo al Presidente “Termini Imerese: la motor city del mediterraneo”; appunti su cui lavorammo nella mattinata avendo saputo poco tempo prima della data del confronto. Fu un incontro rapido, ma efficace, di lavoro e senza i fronzoli delle parate in cui tutti debbono parlare anche se non hanno nulla da dire.
In campo per la reindustrializzazione dell’area di Termini Imerese c’erano due ipotesi, la NewCo Grifa e un interessamento cinese di cui si sarebbe dovuto occupare il ministero dello Sviluppo Economico. L’elicottero prima di ripartire volteggiò su una piazza stremata dal caldo divisa tra ottimisti e pessimisti, tra chi pensava questa è la volta buona e chi avendo visto nascere e morire governi di destra, centro e sinistra commentava è sempre lo stesso film, cambiano solo gli attori.
Nei mesi successivi con il viceministro De Vincenti, che escluse quasi subito ipotesi cinesi, continuo il tavolo di confronto con la società Grifa. I riflettori si spensero, i giornalisti scomparvero, in campo i lavoratori con i propri rappresentati, la costituenda società Grifa, il governo e la Regione. Si susseguono gli incontri in cui mentre non si fa un passo in avanti sulla dimostrazione di fattibilità di un piano di investimenti della società, è richiesto ai sindacati di ridurre salari, flessibilizzare la prestazione e condividere la decisione di prevedere un rientro al lavoro per blocchi nel corso degli anni successivi. In poche parole FCA avrebbe proceduto al licenziamento e Grifa negli anni successivi si sarebbe impegnata ad assumerli. Questo progetto ovviamente non prevedeva una soluzione per i lavoratori dell’indotto che sarebbero finiti in mobilità. In tanti ci richiamavano al senso di responsabilità, la nostra intransigenza sarebbe stata la ragione della fine di qualsiasi ipotesi di reindustrializzazione di Termini. Insomma, non era FCA a licenziare ma il sindacato.
Tutti i lavoratori dovevano trovare una soluzione con l’accordo, dopo anni di vertenza, nessuno poteva accettare che ci sarebbe stato chi avrebbe potuto trovare un lavoro e chi sicuramente sarebbe finito per strada.
I mesi passano e con i mesi si abbassa sempre di più la soglia di credibilità del progetto Grifa (che avrebbe occupato tutti nell’arco degli anni successivi con la produzione di auto ecologiche), perché alla richiesta di poter verificare il capitale utile agli investimenti la società non offriva garanzie. Il Mise e Invitalia hanno gettato acqua sul fuoco smentendo di fatto che vi fossero problemi, ma solo ritardi a cui la società avrebbe provveduto. Così non è stato. Intanto Grifa e FCA ci avevano convocato per la consultazione per la cessione dello stabilimento attraverso la procedura prevista dalla Legge all’art 47.
La Fiom, assumendosene la responsabilità, si presentò al tavolone presso la sede della FCA a Roma e comunicò formalmente che riteneva illegittima la procedura e che non vi avrebbe preso parte.
Intanto i dubbi sulla solidità della Grifa sbarcavano sulle pagine dei quotidiani nazionali e il tempo passava e Fca procedeva all’apertura della procedura di licenziamento di tutti i suoi dipendenti: al 31 dicembre una vertenza durata anni sarebbe arrivata al punto di chiusura definitiva.
In tutto questo tempo il presidente del Consiglio non c’è, tutto è nelle mani del viceministro De Vincenti che oggi è sottosegretario a Palazzo Chigi. Nelle ultime settimane di dicembre è chiaro che la Grifa non ha le risorse finanziarie per il piano: campi eolici in Calabria, lettere di banchi brasiliani e promesse di capitalizzazione scompaiono. Il Mise cambia cavallo per giungere al traguardo dell’avvio di reindustrializzazione e arriva la Metec. La FIOM chiede a Fca di ritirare la procedura di mobilità e al governo di ottenere gli ammortizzatori sociali utili a garantire il tempo necessario per un negoziato che dia certezza del futuro. Sei mesi dal primo gennaio 2015 a garanzia di tutti, innanzitutto dei lavoratori estenuati dai continui cambi: la risposta è no.
Le assemblee a Termini si tengono in un clima di grande tensione, non sono state passaggi facili, ma se non ci si mette la faccia non si arriva al traguardo insieme. Il 22 dicembre in contemporanea si tiene il tavolo presso il Mise e l’assemblea a Termini Imerese per il voto sull’accordo. La FIOM è con gli altri sindacati a chiedere che a garantire per la nuova società Blutec siano il governo e Invitalia, quindi prima di firmare la procedura di cessione da Fca a Blutec viene firmato il testo con il Mise che garantisce il piano di investimenti e la sostenibilità finanziaria da parte di Blutec. È notte quando a Termini Imerese i lavoratori votano in assemblea l’accordo dando il via libera alla Foto opportunity con la firma della ministra Guidi con aziende e sindacati.
Cosa è successo dal 23 dicembre ’14 ad oggi? Nulla o quasi. Se si esclude il corso di formazione finanziato dalla Regione Sicilia a cui stanno partecipando i lavoratori, l’unica cosa che cresce sono le erbacce in stabilimento. L’azienda non sta ottemperando a quanto sottoscritto nell’accordo quindi il governo che ha garantito deve permettere ai lavoratori e ai sindacati di verificare l’applicazione dell’accordo. Blutec avrebbe dovuto portare da 6 a 24 milioni il capitale sociale in 90 giorni dalla firma dell’accordo: lo ha fatto? Sono cominciati gli investimenti sullo stabilimento o crescono le erbacce?
Blutec sta procedendo alla tenuta in efficienza dello stabilimento o corriamo il rischio di vedere andare in malora gli impianti? È confermato l’investimento sulla componentistica senza intaccare produzioni in essere in altri stabilimenti? A che punto è l’accordo di sviluppo sull’area e relativi investimenti pubblici e privati? E potremmo continuare con gli interrogativi che devono essere oggetto di un incontro urgente chiesto è mai fissato.
Tanti sono gli interrogativi a partire dagli ammortizzatori sociali per tutti, indotto compreso. I lavoratori hanno avuto senso di responsabilità e i cittadini di Termini Imerese insieme al parroco, don Anfuso, hanno tenuto in piedi una lunga lotta per il lavoro. Termini Imerese, nelle parole del presidente del consiglio sarebbe dovuto essere il punto di inizio della svolta, oggi così non è. I lavoratori hanno pagato con anni di cassa integrazione e tenendo in piedi una vertenza decennale e si sono assunti le loro responsabilità dando mandato ai sindacati di firmare gli accordi. Le imprese e il governo debbono ottemperare agli accordi firmati e rispettare il piano di rilancio dell’area. C’è bisogno di produrre una mobilità ecologica, oltre alla componentistica, ci sono le professionalità e l’esperienza necessaria.
Ogni promessa è un debito che va onorato, per questo se il 14 agosto siamo stati a Termini Imerse il 7 agosto saremo in delegazione al Nazareno ad attendere il Premier per incontrarlo. Non saremo li per contestare o protestare, non saremo lì per lagnarci perché i lavoratori di Termini Imerese rappresentano il Sud che si batte per il lavoro e gli investimenti, altro che assistenza: gli accordi firmati si rispettano.

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