Dalla cella accusa l’ex di tentata estorsione: castelbuonese difesa dall’avvocato Giuseppe Minà è stata assolta

di Giuseppe Spallino
fonte Giornale di Sicilia

Un tentativo di estorsione all’interno del carcere di Termini lmerese. È quello che aveva denunciato mentre era detenuto Alfio Samuele Zingali, la mente di una banda che nei primi mesi del 2012 aveva messo a «ferro e a fuoco» il territorio madonita ripulendo decine di appartamenti e ville.

In realtà, sarebbe stata tutta una pantomima messa in ano per vendicarsi dell’ex compagna Liliana Battaglia, 52 anni di Castelbuono, che era andata a trovarlo dopo avere appreso la notizia della sua condanna e per dirgli che lo avrebbe lasciato. La strategia di Zingali è stata scoperta grazie alle indagini difensive dell’avvocato Giuseppe Mina, difensore della donna, che era finita a processo per appropriazione indebita e tentativo di estorsione. Accuse che sono cadute nel corso del dibattimento che si è svolto al Tribunale di Termini lmerese, quindi Battaglia è stata assolta dal giudice monocratico Claudia Camilleri con la formula “perché il fatto non sussiste”.

Zingali, 38 anni residente a Traina nell’Ennese, si era trasferito a Castelbuono per aprire un negozio di autoricambi per auto e moto, la Sei Autoricambi, che utilizzava in realtà come base operativa dei «colpi» che venivano pianificati dalla banda, anche con cadenza giornaliera. Dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali cui era stato sottoposto. Zingali si vantava di forzare le abitazioni con precisione chirurgica e in alcuni casi risultava avere ordinato una serie di danneggiamenti ad auto e moto sperando che le vittime si sarebbero poi rivolte al suo esercizio commerciale per acquistare i pezzi di ricambio. Zingali costituiva, insomma, il punto di riferimento di quei «bravi ragazzi» di Castelbuono che oramai, grazie anche alla disponibilità di diverse armi. puntavano al salto di qualità, a colpi forse più «seri» dei furti in casa. Per fortuna tutto era stato fermato prima che «ci scappasse il mono» grazie all’operazione «Moonlight» del 7 luglio 2012 condotta dal commissariato di polizia di Cefalù.

Condannato definitivamente a due anni e 18 giorni di reclusione, nel senembre 2013 era andata a trovarlo la compagna Liliana Battaglia per dirgli che avrebbe troncato la loro relazione sentimentale. Zingali invece l’aveva denunciata fornendo un’altra versione dei fatti: la donna dal suo arresto si era appropriata della Sei Autoricambi e lo avrebbe minacciato con queste parole: «Se non mi cedi l’attività te la Taccio pagare, te la vedi con i miei figli che ti faranno passare iguai e ti lasceranno mezzo mono». Da qui l’iscrizione della Battaglia nel regi stro degli indagati della Procura di Termini lmerese per appropriazione indebita e tentativo di estorsione, e il successivo rinvio a giudizio disposto dal gup Sabina Raimondo.

Al processo, però, sono emerse numerose testimonianze che hanno rivelato quello che realmente sarebbe successo nella sala colloqui del carcere. In particolare, una donna ha riferito di avere assistito alla discussione e la sua versione coincìdeva con quella dell’imputata. Quindi l’assoluzione della Battaglia con la formula più ampia e liberatoria.

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