Agrodolce, da Termini a Strasburgo: alla ricerca di 25 milioni perduti

Palermo, Termini Imerese, Roma, Strasburgo: sembra una tratta ferroviaria, ma è il percorso compiuto dalla fiction Agrodolce, in dieci anni. Nessuno ha voglia di ricordare l’anniversario, Agrodolce è l’icona di un coitus interruptus. Nato come matrimonio d’amore, sotto buoni auspici, è finito malamente: disamore, odio e carta bollata.
Dopo un lungo silenzio, grazie ad una interrogazione “europea” del M5S, Agrodolce è tornata di recente sulle pagine dei giornali. Non se ne sentiva la mancanza, ma il quesito grillino suscita più che una semplice curiosità. Che fine hanno fatto i 25 milioni assegnati alla fiction, prelevati dai Fondi Fas destinati alla Regione siciliana?, chiedono gli eurodeputati.
Se dovesse arrivare la risposta, dovremmo brindare a champagne. Roba da 007, della serie “crimine senza colpevole”, per restare in tema. Un funzionario di Cine Sicilia, qualche anno fa, ponendo lo stesso quesito, spogliato della cifra, ci rispose così: “la verità è che non scuciamo un euro, perché le carte che ci sono pervenute non ci permettono di pagare. E non c’è niente da fare”.
Significa che i soldi fas sono arrivati in Sicilia e sono stati spesi altrove? O che, semplicemente, che i produttori della fiction, in attesa di denaro, a loro avviso dovuti, non possedevano i pezzi di appoggio richiesti per essere retribuiti?
Cominciamo dall’inizio, quando fra la Rai e la Regione siciliana, nel 2005, venne stiuplato il contratto: 17 milioni avrebbero dovuto essere scuciti dalla Regione, e tredici dalla Rai, per realizzare la prima serie della Fiction. L’intenzione, da parte della Rai, era di bissare il successo ottenuto da “Un posto a sole”, realizzata a Napoli. L’intenzione, da parte dei governanti isolani, era invece promuovere la Sicilia e far nascere un centro di produzione cinematografica a Termini Imerese.
Lavorarono, a pieno regime, a Termini Imerese 280 maestranze, 3800 comparse, 200 attori secondari e 21 attori principali. I costi di produzione, tuttavia, risultarono alti, il doppio di quelli del “posto al sole”, per ogni puntata, e l’accoglienza, da parte del pubblico televisivo, non fu affatto calorosa, anzi. Siccome il treno si era messo in modo, nessuno aveva il coraggio di fermarlo alla prima stazione. In più, fra i padrini dell’iniziativa, Gianni Minoli in testa, e la produzione, la Einstein di Luca Iosi, nacquero dei dissapori.
Nella fase di completamento della prima serie, previste 230 puntate, il contenzioso provocò una sospensione. Non c’erano soli, la Rai batteva cassa, la Regione chiudeva i cassetti. L’assessore al turismo pro tempore, Antonello Antinoro, dopo annunciò la volontà della Regione di finanziare il centro di produzione di Termini con sei milioni e mezzo di euro, attraverso la società Cine Sicilia. Avrebbe rinnovato per altri due anni la convenzione, a patto tuttavia che ci si sedesse atorno ad un tavolo, per rivederla insieme.
Vuole metterci le mani, sospettarono i nemici di Antoniro. E’ un mezzo flop, pretende garanzie per un rilancio della fiction, spiegarono i collaboratori di Antinoro. Comunque sia, la soap opera s’impaludò. Andata in onda in settembre del 2008, scomparve definitivamente dai teleschermi in marzo del 2010. Ma non dai media, che di Agrodolce hanno scritto e detto da anni, raccontando le vicende giudiziarie, il gossip, le proteste dei protagonisti.
Chi sognava una Cinecittà del piccolo schermo in Sicilia, ricevette una profonda delusione. Il “cantiere” fu smantellato, e Agrodolce si trasferì nelle aule di giustizia.
Una tegola per Termini Imerese, che aveva appena subito l’abbandono della Fiat.
I venticinque milioni di euro dei Fondi Fas che fine hanno fatto? Sarebbe più utile sapere in quali meandri sono finiti i Fondi Fas, dirottati dalla Sicilia altrove. Per esempio, sulle quote latte “disattese” da un folto gruppo di imprenditori padani. Le multe pagate dallo Stato con i soldi assegnati alla Sicilia.
La storia di Agrodolce si intreccia con quella, poco lusinghiera, del governo padano, che nel decennio precedente, cancellò la Sicilia dalla carta geografica dell’Italia, come quel maresciallo nel film Il giorno della civetta.

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