Tocca al governo trovare la soluzione, lo deve ai siciliani

Ora non possono più aspettare. Gli operai di Termini Imerese hanno diritto a parole chiare sul loro futuro. Dopo una settimana di proteste, spesso ignorate, devono sapere se il piano di acquisizione dell’ex stabilimento FIAT da parte del molisano Di Risio è ancora in piedi. È una questione, prima che sociale ed economica, di dignità. E non c’è solo un obbligo politico, da parte del Ministro Passera, riconosciute le pericolose tensioni sociali che covano nel Paese. È anche l’obbligo giuridico di stare ai patti, perché è garante ultimo, con il Presidente della Regione Sicilia, dell’accordo di programma quadro per la reindustrializzazione del polo e la ricollocazione della manodopera siglato più di un anno fa. Se l’accordo non va avanti, bisogna riaprire subito il tavolo tra Governo, Regione e parti sociali, che chiarisca passaggi, strumenti e tempi per rispondere all’emergenza sociale e all’incertezza del progetto industriale.

La sorte di Termini non riguarda solo un’industria e un indotto – che poi è la vita di duemila operai, il destino delle loro famiglie. Riguarda soprattutto una terra e il modo di guardare ad essa. La perdita di questo insediamento produttivo di mercato sancirebbe il grado avanzato di deindustrializzazione del Sud e della Sicilia. Le stime della Svimez prevedono un impatto sul Pil regionale pari quasi a un punto percentuale, a oltre 3 punti di export, con conseguenze occupazionali che si moltiplicano fino a quasi 4 mila lavoratori, per l’effetto indiretto che la riduzione dei redditi degli operai espulsi innescherebbe nel territorio, a partire dai consumi

Nella Regione dove sono ormai a rischio gli stipendi pubblici, l’emergenza sociale può subire un’escalation pericolosa, proprio in vista del ventennale dalla strage di Capaci a cui parteciperà il Presidente della Repubblica. Si contano veloci alla rovescia i mesi di cassintegrazione Fiat per cessazione di attività: erano previsti due anni, ma se entro dicembre non verrà ricollocata il 30% della forza lavoro il 2013 può saltare. Per questo è urgente che, con il Ministero del lavoro, si trovi una soluzione alle 640 vittime della brutale riforma delle pensioni. È un passaggio drammatico in cui la stessa FIAT va richiamata alle sue responsabilità. Il fantasma di Termini Imerese è servito come un’intimidazione, lo spettro agitato durante i referendum di Pomigliano d’Arco e Mirafiori. E ora riappare al fondo della spirale della crisi.

Affrontata l’emergenza, tutti gli strumenti previsti nell’accordo – da politiche industriali specifiche ad azioni di contesto per rendere attrattiva l’area agli investimenti – vanno impegnati immediatamente nella ricerca di un nuovo soggetto per il rilancio industriale. Perché se la Dr Motor, già gravemente compromessa con oltre 67 milioni di debiti, davvero non riesce a trovare i 15 che le banche chiedono ai fini di una ricapitalizzazione che possa di sbloccare le linee di credito necessarie a firmare il contratto e riaprire i cancelli, allora è meglio abbandonare subito un progetto industriale peraltro sempre accompagnato da un vasto scetticismo: comprare pezzi in Cina e assemblarli in Italia, prevedendo a regime circa 60 mila automobili l’anno da Termini, per un’azienda che nel 2011 ne ha vendute poche centinaia…

Il Governo ha il dovere di spendere la credibilità internazionale che gli viene riconosciuta per cercare un nuovo acquirente, mettendo in campo una forte iniziativa politica. Se si vuole mantenere la vocazione industriale sull’automotive, serve un Ministro che vada a spiegare cosa l’Italia può offrire alle migliori case produttrici mondiali. E tanto più, se si dovesse optare per un progetto industriale del tutto nuovo e sostenibile nel tempo. Ora non si può più sbagliare, affidando la soluzione a un generico bando internazionale, o a chi fin qui ha malgestito la vicenda: Invitalia non solo ha concesso a Di Risio una credibilità che evidentemente non aveva, ma aveva predisposto una short list di interessati buona più per le procure che per un piano di salvataggio industriale (due sono stati arrestati, un altro è fallito).

Non è il luogo per indugiare sulle metafore, ma ha fatto un certo effetto la protesta degli operai nei giorni in cui ricorreva l’anniversario dell’Autonomia siciliana. Proprio all’insegna di un’Autonomia non burocratica, ma fondata sullo sviluppo, con la SicilFiat di Termini partì la sfida di una Sicilia diversa, grazie al leggendario Mimì La Cavera e alla sua Sicindustria degli anni Cinquanta. Prima di morire, l’anno scorso, a 95 anni, con forza ripeteva: a Termini bisogna fare l’auto del Tremila!Tra il sogno millenario di progresso e l’angoscia per il pane quotidiano, bisognerà pur trovare una soluzione nelle settimane a venire. Se no, a che serve la politica?

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