Sarà capitato a tutti di avere il motore ingolfato ogni tanto.
Se però ti chiami Massimo Di Risio il tutto può sembrare più uno scherzo, o un segno, del destino che semplice sfortuna. Ad incepparsi non è ovviamente uno dei modelli prodotti dalla casa automobilistica di Macchia d’Isernia. Sono, piuttosto, le speranze dei lavoratori, alcuni dei quali hanno ripreso l’attività solo qualche settimana fa, sono le trattative tra l’imprenditore isernino e lo stabilimento di Termini Imerese. Dopo il feeling iniziale infatti, attorno all’acquisizione del sito siciliano da parte della Dr regna lo scetticismo. Da una parte ci sono i sindacati. Quelli locali che, dopo aver lamentato il mancato pagamento degli stipendi negli ultimi mesi, sono riusciti a «strappare» l’accordo per la cassa integrazione, e quelli siciliani. Quest’ultimi infatti hanno deciso di farsi sentire, interpretando il comportamento di Di Risio in maniera estremamente negativa. Sono passati ormai tre mesi da quando la Fiat ha abbandonato Termini Imerese. Tempo più che sufficiente avranno pensato operai e sindacati per insediarsi. così non è stato. Fonti vicine all’azienda di Macchia d’Isernia raccontano che attualmente Massimo Di Risio sia impegnato nel dialogo con gli istituti di credito. Le banche insomma, i soggetti che dovranno garantire i «piccioli». Con Intesa Sanpaolo, Mps e Unicredit sono circa 100 i milioni di euro di prestiti in ballo, garantiti al 90% dalla Regione Sicilia. Finanziamento dal quale dipende l’ingresso nel capitale di due fondi di private equity con 20 milioni, l’assenso dell’advisor pubblico Invitalia al progetto definitivo e il futuro di circa 1200 lavoratori attualmente in cassa integrazione. A frenare gli entusiasmi delle banche è l’attuale situazione della Dr. A settembre 2011 il fatturato si è attestato intorno ai 16 milioni, con costi per 26 milioni e una perdita di 11 milioni. Il tutto accompagnato da 67 milioni di debiti di cui 30 milioni entro 12 mesi. Dal canto suo l’azienda si giustifica affermando che sono «debiti rotativi per lo svolgimento dell’attività che è stata rallentata a causa del progetto Termini, in ritardo di mesi, e dunque non c’è più l’esigenza di avere ulteriore credito e di ristrutturare il debito». A questi dati, si aggiunge il calo delle vendite. Nel 2011 circa tremila automobili, mentre nell’anno precedente erano state cinquemila le vetture acquistate.
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