Qualcuno ha spento il Sole: il fotovoltaico paralizzato da mesi

Simulazione: prendete un’azienda sana, in espansione, che a marzo raddoppia il fatturato dell’anno precedente. Un’azienda che, visti i successi, ha deciso di stabilizzare alcuni suoi dipendenti e di assumerne altri. Ora bloccate il mercato nel quale lavora, senza dire quando e come riprenderà. Cosa succede? Licenziamenti, casse integrazioni, crisi. Tutti a casa, insomma. È lo scenario che da mesi vive chi si occupa di fotovoltaico in Italia, un settore di più di mille aziende che fornisce oltre 120mila posti di lavoro. Siamo passati all’improvviso dal fare i colloqui per nuove assunzioni a litigare con il commercialista per non licenziare i nostri dipendenti, spiega Maria Elena Moavero, amministratrice di HtCompany, una piccola azienda di Monte Rotondo che paga gli stipendi a dieci persone. Cosa è successo Nell’agosto del 2010 il governo vara il terzo Conto energia, un documento che dà i parametri per gli incentivi del fotovoltaico per il triennio successivo. Già a dicembre, però, si cambiano le carte in tavola con un decreto – chiamato Salva Alcoa dal nome della multinazionale americana che ha spinto a farlo – che in sostanza dice: se avete finito i lavori entro il 31 dicembre, potete beneficiare degli incentivi del secondo conto energia (più vantaggioso economicamente). Un regalo ad alcune grandi aziende, denunciano tutti. Fatto sta che il giochetto è sfruttato da circa 53mila impianti. Il risultato, com’era prevedibile, è uno sforamento dei tetti degli incentivi. Insomma, il caos. A inizio marzo il ministro dello sviluppo economico annuncia con un decreto che è il caso di dare un taglio agli incentivi. E avvisa: entro il 30 aprile ne saprete di più. Nel frattempo: il vuoto. Le banche si paralizzano, l’incertezza regna padrona e nessuno lavora più, perché non è chiaro se – e quanti – incentivi saranno previsti e quali saranno le nuove regole. A metà maggio il ministro dello sviluppo economico Paolo Romani e quello dell’ambiente Stefania Prestigiacomo riescono a mettersi d’accordo su un testo: il quarto conto energia, che entra in vigore il primo giugno e in pratica riduce di mese in mese gli incentivi fino al 2013. Netro quella data partirà poi una regolazione automatica del livello degli incentivi in relazione alla potenza installata. Ma nel frattempo, cosa è successo a tutte quelle piccole imprese che sono rimaste due mesi ad aspettare la politica? Una premessa: l’arrivo del nuovo documento non ci ha fatti ripartire. Siamo sempre nella stessa posizione: le banche non si fidano e non riaprono i cordoni delle borse, spiega Maria Elena Moavero. Il fotovoltaico si basa essenzialmente sul sistema bancario, che concede i finanziamenti per iniziare i lavori. Ma dopo lo stop improvviso del governo qualcosa si è inceppato. Hanno paura che cambino un’altra volta le regole. Magari fra tre mesi i politici si svegliano e fanno altre modifiche, chissà. Pare non ci sia mai niente di definitivo in questo settore.

Poi c’è anche l’ansia che l’Italia prenda esempio dalla Spagna, dove il governo si è rimangiato gli incentivi già erogati . Il risultato è che, per ora, gli istituti bancari stanno a guardare. Il clima di incertezza Noi possiamo anche essere d’accordo con l’idea che servissero degli aggiustamenti agli incentivi. Ma è il metodo che contestiamo. Come puoi pensare di bloccare il mercato per mesi? Siamo rimasti senza punti di riferimento. Le aziende più piccole hanno chiuso, quelle grandi hanno licenziato, continua l’amministratore di HtCompany. Che il governo volesse o non volesse boicottare il fotovoltaico, alla fine ci è comunque riuscito. Noi a marzo eravamo pronti a partire con quattro grandi cantieri e un altro paio più piccoli, parliamo di circa un milione di euro. Con l’annuncio che le regole sarebbero cambiate, ovviamente le banche che dovevano erogare i leasing si sono bloccate. Lavoro fermo, operai a chiamata fermi, colloqui di lavoro annullati e i previsti miglioramenti di contratto per il personale interno banditi dal commercialista. Il ministro Romani promise di dare delle risposte il 20 marzo, poi si slittò al 30 aprile. Alla fine la bozza del decreto è arrivata a metà maggio. Intanto, 120 mila lavoratori aspettavano senza far niente: Noi abbiamo stretto la cinghia e non abbiamo licenziato nessuno. Ma non è andata così dappertutto. Il nuovo documento e i guai giudiziari E ora? Mentre le banche tergiversano, bloccando di fatto il mercato, il quarto conto energia dovrà vedersela con una quantità incredibile di tribunali: Corte di Giustizia europea, Corte dei Conti, Tar e Antitrust. In Europa il decreto è stato portato da diverse aziende, secondo cui il testo non recepisce la direttiva europea per lo sviluppo delle rinnovabili, ma anzi ne limita la crescita. C’è poi il provvedimento al TAR: secondo alcuni il quarto conto energia danneggia le aziende che, pur avendo rispettato la legge, riceveranno incentivi minori del previsto. La Corte dei Conti dovrà valutare se con il provvedimento si rischia un eccessivo esborso da parte dello Stato e l’Antitrust dovrà dire se il documento privilegi o meno grandi gruppi a discapito dei piccoli. C’è pure un’ interrogazione parlamentare dell’onorevole Pierfelice Zazzera (Idv). Questo Governo vuole spegnere il sole ammazzando il settore delle rinnovabili. I paletti imposti dal ministro Romani invece di rilanciare le rinnovabili favoriranno i grandi gruppi energetici come l’Enel e porteranno a morte certa le piccole imprese di rinnovabili. . L’onorevole dell’Italia dei Valori punta il dito contro il Gestore dei Servizi Elettrici (GSE) – che conta al suo interno l’Enel, le cui lungaggini burocratiche nel concedere i permessi paralizzano il lavoro dei piccoli. E, denuncia l’onorevole, a volte le richieste sono rigettate per delle assurdità: ad esempio perché la domanda non è conforme. Peccato che non esista un modello standard, né un’assistenza a cui fare riferimento.

Il Governo pone tutti questi freni con l’unico obiettivo di mettere in ginocchio il settore delle rinnovabili per ripartire domani con il nucleare, denuncia l’onorevole Zazzera. Ma – a parte l’attesa, le banche ferme e la solita burocrazia – quali sono le criticità del nuovo documento? Lo chiediamo a chi lavora nel fotovoltaico, ossia al personale di HtCompany. C’è tutta una parte dedicata alla salvaguardia del made in Italy e dell’Europa francamente incomprensibile. È una bella frase, ma parliamoci chiaro: il 90% dei prodotti che risultano europei arrivano dalla Cina. E per un motivo semplice: il silicio sta là. Quanto ai microprocessori, sono prodotti in India e in Giappone. I produttori europei, tedeschi per la precisione, si contano sulle dita di una mano. I migliori pannelli, oltre ad alcuni cinesi, arrivano da Stati Uniti e Giappone. E quindi come la mettiamo?. Il testo parla di un ente di garanzia, che certifichi la rete di produzione. Chi è?. Non si sa. Appunto. Almeno una cosa positiva, però, c’è: La questione Eternit. Prima c’era un incentivo del 10% che non ti consentiva di coprire i costi di smaltimento. Ora vieni premiato in modo più ampio: se sostituisci l’amianto, ti arrivano 5 centesimi per ogni kilowatt prodotto. E quindi ora che si fa? Si cerca di lavorare con quello che abbiamo. E speriamo nelle banche, dice Maria Elena Moavero. La verità è che bisognerebbe prendere tutto in mano una volta per tutte e risolvere le criticità. Invece c’è questo atteggiamento: quel che non va bene lo risolviamo in corsa . Non è il massimo: l’incertezza non ti aiuta a lavorare serenamente. Non solo, può addirittura paralizzarti.

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