Poche toghe, mafia e reati informatici: il 2011 della Giustizia è «da dimenticare»

Nel giorno dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, Palermo si è svegliata con alcuni striscioni apparsi in diversi punti della città e recanti le scritte «Il diritto prima del mercato», o «Tuteliamo diritti non vendiamo servizi». L’iniziativa è stata messa in piedi per protestare contro il decreto del governo Monti, sulla liberalizzazione delle professioni, ed è stata promossa da alcuni avvocati del foro palermitano che – in una nota – annunciavano clamorose proteste stamattina, durante la cerimonia d’apertura dell’anno giudiziario, in programma nel Tribunale di Palermo. Analoghe iniziative sono state organizzate in altre città italiane. Infatti a Palermo una folta delegazione di rappresentanti dell’ordine forense ha lasciato l’aula non appena ha preso la parola Maria Stefania Di Tomassi, capo dell’Ispettorato generale del Ministero della Giustizia. Gli avvocati protestano contro il decreto sulle liberalizzazioni del Governo e sono usciti sventolando cartelli. Una mobilitazione «responsabile e unitaria», dicono, per segnalare «i pericoli di una liberalizzazione che smantella i principi fondamentali della professione di avvocato e mette a rischio la difesa dei diritti dei cittadini». Il Consiglio dell’ordine ha infatti aderito alla linea adottata a livello nazionale.

ANNO A TINTE FOSCHE – E comincia con un bilancio a tinte fosche del 2011 la relazione di apertura della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario del presidente della corte d’appello di Palermo Vincenzo Oliveri. Il magistrato definisce quello trascorso «un anno da dimenticare» durante il quale «tra manovre e manovrine per uscire dalla crisi economica il settore giustizia è stato in prima linea con misure penalizzanti per gli utenti e per i magistrati, categoria professionale alla quale più che a ogni altra sono stati imposti sacrifici economici di rilevante spessore che hanno indotto i più anziani ad affrettare il loro collocamento in pensione». Oliveri non risparmia le critiche anche agli attacchi subiti dalla toghe da parte della politica: «Siamo stati oggetto – dice – di continue ingiurie da parte di personaggi di rango politico anche elevato, sempre più insofferenti verso la legalità» e i suoi custodi e che ci hanno accusati di essere portatori di un ‘morbo giustizialista’ come se in Italia ci si dovesse difendere non dalla corruzione pubblica, non dall’evasione tributaria, non dalla crisi economica, ma dalla giustizia e dai giudici». La naturale dialettica tra magistratura e potere politico, secondo il presidente della corte, in Italia è sconfinata nella patologia. Oliveri parla di ‘crisi di nervi’, mentre negli altri Paesi europei «prevale il rispetto reciproco e la consapevolezza dei propri limiti e delle proprie responsabilità».

LE TOGHE SCARSEGGIANO – Carenze di organico, sia tra i magistrati che tra il personale amministrativo, processi troppo lunghi, carichi di lavoro sempre più pesanti: sono i mali di cui soffre la giustizia nel distretto di corte d’appello di Palermo. Ad elencarli è il presidente della corte d’appello del capoluogo Vincenzo Oliveri che con la sua relazione apre la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario. A un ormai storico deficit di giudici e pm si aggiunge quest’anno la ‘fuga degli anziani’ che, preoccupati dagli interventi del Governo in materia di pensioni, hanno optato per lasciare il lavoro prima dell’entrata in vigore della riforma. Decisione che, ad esempio, lascia scoperto il vertice della procura Generale di Palermo. I vuoti in organico nel giudicante si fanno sentire soprattutto nel tribunale di Sciacca, con il 30% di scoperture, seguono Termini Imerese (18,8%), Palermo (14,4%) Trapani e Marsala (12) e Agrigento (9,09). In testa alle procure più sofferenti, invece, c’è Trapani (23%), poi Marsala (22), Sciacca e Termini (20), Palermo (18) e Agrigento (13). Pur nelle difficoltà, però, la giustizia del distretto, secondo Oliveri, riesce a far fronte a carichi sempre più gravosi. Questi i numeri: nell’ambito penale la corte d’appello di Palermo, nel 2011, ha definito 4.365 procedimenti; 13.445 quelli smaltiti dai tribunali; 221 quelli dei tribunali per i minorenni. Nel civile, invece, i giudici di secondo grado hanno definito 6.199 procedimenti e 88.429 sono stati smaltiti dai tribunali. Oliveri dà anche le pagelle agli uffici giudiziari: nel penale i più virtuosi nello ‘smaltimento’ dei casi sono Marsala e Termini Imerese; nel civile Palermo, Termini Imerese e Sciacca. Nella relazione non può mancare un riferimento all’eccessiva durata dei processi civili, mentre viene definita «ragionevole» quella dei processi penali. In ogni caso i tempi biblici non dipendono dai giudici che, dice Oliveri, uno studio dell’Ue ha definito «laboriosi e produttivi», ma dal numero dei fascicoli e, nel penale, dalla proliferazione dei reati. «Servirebbero – spiega – istituti deflativi»: insomma, sarebbe necessaria una politica di depenalizzazioni. Infine, il presidente denuncia l’aumento dei costi sostenuti per i patrocini a spese dello Stato, che solo nel penale hanno superato i 12 milioni di euro, mentre nel civile sono stati di 3 milioni e 800 mila euro.

BOOM DI REATI INFORMATICI – Crescono i reati contro la pubblica amministrazione e le rapine alle banche e agli uffici postali, lievitano letteralmente i crimini informatici: è il quadro dello «stato della criminalità» nel distretto della corte d’Appello di Palermo tracciato, nella relazione di apertura della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, dal presidente della corte d’appello Vincenzo Oliveri. I reati contro la pubblica amministrazione, in particolare il peculato, la malversazione e l’indebita percezione dei contributi pubblici, sono aumentati nel 2011 del 10%; del 172%, invece, sono cresciuti l’accesso abusivo e il danneggiamento dei sistemi informatici. In crescita anche gli omicidi colposi per infortuni sul lavoro (+38%) e le rapine a banche e uffici postali, letteralmente raddoppiate (+94%). A lievitare anche i procedimenti per i cosiddetti casi di malasanità (+57%), le associazioni a delinquere finalizzate al traffico di droga (+36) e l’usura. Agli strozzini si ricorre per i motivi più vari: dal bisogno di liquidità per la propria impresa, alla necessità di far fronte alle spese di casa, ma anche per l’acquisto della droga, piaga sempre più diffusa per l’abbattimento del costo dello stupefacente, in particolare della cocaina. In calo gli omicidi – nel 2011 sono stati 74, il 34% in meno dell’anno precedente – e i reati ambientali. Praticamente invariati i reati contro il patrimonio e quelli sessuali.

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