Sergio Marchionne si ispira ad Albert Speer. Continua a scimmiottare il ministro dell’industria del reich. Annuncia 20 miliardi di investimento in Italia che non si sono ancora visti; chiude Termini Imerese; esce capricciosamente dalla Confindustria della bolscevica Marcegaglia urlando al mondo incravattato che non torna a giocare con gli amichetti finchè non sarà nominato kapo il famiglio Bombassei. Intervistato dai pennivendoli del Corriere, si lascia sfuggire che l’Alfa Romeo ci serve in America e che non sarà venduta a Volkswagen perchè ai tedeschi interessa solamente il marchio. I 20 miliardi ammesso che ci siano sono parcheggiati in Italia come specchietto per allodole sindacaliste collaborazioniste e stravendute, in attesa di completare il vero piano, la Soluzione Finale: il progetto Chrysler e la conquista dell’America senza valigia di cartone. La continua e sperticata difesa dell’Italica Produzione non regge neanche le apparenze, Marchionne non riesce ancora ad emulare i successi di Speer. Come ben sintetizza Francesco Paternò sulle pagine de Il Manifesto: per la prima volta Marchionne conferma pubblicamente quanto era trapelato a livello di voci nel 2010: Vw non si comprò l’Alfa Romeo non perché ricevette un no da Torino, ma perché l’offerta fu ritenuta incongrua. Marchionne aveva tentato una carta da supermercato, paghi uno e prendi due. Insieme all’Alfa, la Volkswagen avrebbe dovuto prendersi anche uno stabilimento italiano, quasi certamente Mirafiori. Gratis, come Termini Imerese regalato a DR Motor, perché il problema maggiore del gruppo Fiat è la sovracapacità produttiva. Sovracapacità confermata giusto ieri dal compagno operaio di Melfi: nel 1992 la previsione era 7000 operai per produrre 1500 vetture. Oggi senza neanche 5000 operai se ne producono 1600. Al giorno, naturalmente. Ma la competitività manca ancora, e allora si rischia di chiudere due stabilimenti su cinque in Italia. E qui nuovamente esce tutta la passione per la risoluta Germania anni ’30 del Salvatore, quando rispondendo alla domanda su quali siano i siti a rischio, cita il passaggio che più l’ha galvanizzato del film La scelta di Sofia, quando il nazista impone alla protagonista di scegliere quale figlio salvare dalla fucilazione. Marchionne sogna di ripetere la scena al dopolavoro con il nazista in giacca, cravatta e spilletta dell’Associazione Capi e Quadri Fiat. Marchionne prova solamente a realizzare i suoi sogni. Speriamo solo di non incontrarlo scendendo dal treno.
Saluti Operai da Pavia