L’ordinanza che ha dichiarato Giunta candidabile ed elegibile Sindaco di Termini Imerese

UFFICIO CENTRALE ELETTORALE DI TERMINI IMERESE
Il presidente dott. ssa Sara Marino,
letti gli atti;
visti gli esiti del ballottaggio;

rilevato che il candidato sindaco Giunta Francesco ha ottenuto il maggior numero di voti; viste le istanze proposte dai candidati Di Liberto Armando e Fasone Vincenzo rispettivamente il 13 ed il 27 giugno 2017 in merito alla presunta incandidabilità del Giunta;

vista la nota del Prefetto di Palermo del 15/06/2017;

visto il decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 “Testo Unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190”;

rilevato che il citato decreto legislativo è applicabile nella regione Sicilia, in virtù dell’art. 14 che prevede espressamente che “Le disposizioni in materia di incandidabilità del presente testo unico si applicano nelle regioni a statuto speciale…”;

visto l’art. 12 del medesimo decreto, secondo cui:
“In occasione della presentazione delle liste dei candidati per le elezioni del presidente della provincia, del sindaco, del presidente della circoscrizione e dei consiglieri provinciali, comunali e circoscrizionali, oltre alla documentazione prevista da altre disposizioni normative, ciascun candidato, unitamente alla dichiarazione di accettazione della candidatura, rende una dichiarazione sostitutiva, ai sensi dell’articolo 46 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e successive modificazioni, attestante l’insussistenza delle cause di incandidabilità di cui all’articolo 10.
2. Gli uffici preposti all’esame delle liste dei candidati, entro il termine previsto per la loro ammissione, cancellano dalle liste stesse i candidati per i quali manca la dichiarazione sostitutiva di cui al comma 1 e dei candidati per i quali venga comunque accertata, dagli atti o documenti in possesso dell’ufficio, la sussistenza di alcuna delle predette condizioni di incandidabilità. 
3. Per i ricorsi avverso le decisioni di cui al comma 2 trova applicazione l’articolo 129 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.
4. Qualora la condizioni di incandidabilità sopravvenga o sia accertata successivamente alle operazioni di cui al comma 2, la condizione stessa viene rilevata, ai fini della mancata proclamazione, dall’ufficio preposto alle operazioni di proclamazione degli eletti “;

lette le istruzioni rese dal Ministero dell’Interno – Direzione Centrale dei Servizi Elettorali, per le operazioni dell’ufficio centrale nella elezione diretta del sindaco e del consiglio comunale nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti (pubblicazione n. 20);

visto il paragrafo 14 di dette istruzioni, intitolato “Accertamento della sussistenza di eventuali condizioni di incandidabilità che non permettono di proclamare l’eletto. – Proclamazione alla carica di sindaco”;

rilevato che detto paragrafo recita testualmente: “Effettuato il riepilogo dei voti, il presidente dell’Ufficio centrale, PRIMA DI PROCEDERE ALLA PROCLAMAZIONE DEL SINDACO, verifica – anche sulla base di atti o documenti di cui sia venuto comunque in possesso – che, nei confronti del candidato sindaco per il quale la proclamazione sta per essere effettuata, non sia sopravvenuta o non sia stata accertata, successivamente alle operazioni relative alla presentazione delle candidature, alcuna condizione di incandidabilità ai sensi degli articoli 10, 12, 15 e 16 del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235. Qualora il suddetto accertamento abbia avuto esito positivo e sia stata individuata una condizione di incandidabilità, l’Ufficio centrale procede, ai sensi dell’articolo 12, comma 4, del citato dlgs. n. 235 del 2012, alla dichiarazione di mancata proclamazione. Se invece non sia stata rilevata alcuna condizione di incandidabilità e l’accertamento abbia riportato un esito negativo, l’ufficio proclama eletto alla carica di sindaco il candidato che – a norma dell’articolo 72, comma 4, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 – abbia ottenuto la maggioranza assoluta dei voti’validi, salve le definitive decisioni del consiglio comunale a termini dell’articola 41,. comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 267”;

rilevato che, dalla lettura delle disposizioni normative e regolamentari sopra riportate, emerge che la verifica della condizione di candidabilità deve essere effettuata nella fase preliminare della presentazione delle liste dei candidati ovvero, qualora sopravvenga o sia accertata successivamente, nella fase prodromica alla proclamazione;

considerato, invero, che la legge ha individuato queste due fasi, una precedente all’inizio delle votazioni e l’altra successiva alla conclusione delle medesime (compreso il ballottaggio), proprio al fine di non intralciare le operazioni di voto e tutelare la volontà popolare (tant’è che, nel caso di accertamento di una causa di incandidabilità successivamente all’ammissione delle liste, la legge non prevede la possibilità da parte dell’ufficio centrale elettorale di non ammettere al ballottaggio il candidato ritenuto non candidabile, ma prevede soltanto la possibilità per l’ufficio di procedere ad una dichiarazione di mancata proclamazione);

ritenuto, pertanto, che è proprio questa la fase in cui deve procedersi alla verifica della sussistenza di un’eventuale condizione di incandidabilità di Giunta Francesco, essendosi concluso il ballottaggio ed essendo stato effettuato il riepilogo dei voti dei due candidati ammessi;

considerato, nel merito, che il Prefetto di Palermo con nota del 15/06/2017 ha comunicato che il candidato sindaco Giunta Francesco è stato ammesso a partecipare alle elezioni in virtù di una dichiarazione sostitutiva dal medesimo resa;

rilevato, pertanto, che nella fase di ammissione delle liste, non essendo stata sollevata alcuna eccezione in merito all’incandidabilità del Giunta, gli uffici preposti all’esame delle liste dei candidati non hanno affrontato il merito della questione;

considerato, pertanto, che la questione va esaminata per la prima volta in questa sede, essendo stata posta all’attenzione di questo ufficio centrale su ricorso dei candidati Di Liberto Armando e Fasone Vincenzo;

ritenuto necessario, a questo punto, prendere le mosse dalla sentenza n. 325/13 emessa dal GIP presso il Tribunale di Termini Imerese in data 12/12/2013, irrevocabile il 25/11/2014, acquisita in copia conforme all’originale e da allegare al verbale delle operazioni dell’ufficio centrale (All. 3);

rilevato che dalla lettura della sentenza emerge che il Giunta ha patteggiato, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., la pena di mesi sedici di reclusione ed euro 1.000,00 di multa per i reati previsti dagli artt. 640, comma 2, n. 1 c.p. (truffa commessa a danno di un ente pubblico, nella specie SIAE) e 480 e 493 c.p. (falsità ideologica in certificati o in autorizzazioni amministrative commessa dal pubblico impiegato incaricato di pubblico servizio, nella specie mandatario della SIAE);

considerato, innanzitutto, che l’art. 15 del d.lgs cit. prevede che “l’incandidabilità di cui al presente testo unico opera anche nel caso in cui la sentenza definitiva disponga l’applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale”, qual è appunto la sentenza resa nei confronti del Giunta;

rilevato che i reati di truffa contestati al Giunta non rientrano tra quelli previsti dall’art. 10, decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235;

rilevato, infatti, che la lett. d) dell’art. 10, d. Igs cit. – l’unica ipotesi in cui potrebbero in astratto rientrare – prevede che non possono essere candidati alle elezioni comunali “coloro che sono stati condannati con sentenza definitivi alla pena della reclusione complessivamente superiore a sei mesi per uno o più delitti commessi con abuso dei poteri g ) o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio, diversi da quelli indicati nella lettera c)”;

rilevato che, nella fattispecie, i delitti di truffa per i quali Giunta Francesco ha chiesto l’applicazione della pena non risultano commessi con la violazione dei doveri inerenti al pubblico servizio, di cui era nella specie incaricato, in quanto il P.M. non ha contestato la specifica aggravante che prevede tale violazione (art. 61, n. 9 c.p.: “l’aver commesso il fatto con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio”), né il GIP ha ritenuto in fatto la sussistenza di tale aggravante, come emerge dalla motivazione della sentenza e dal calcolo della pena;

rilevato che la sentenza è irrevocabile ex art. 648 c.p.p. e che, in virtù del principio dell’intangibilità del giudicato penale, non può che tenersi conto di quanto statuito in sentenza;

considerato, quanto ai reati di falso ideologico di cui agli artt. 480 e 493 c.p., che detti reati rientrano nella disposizione di cui alla lett. d) appena citata;

rilevato, invero, che l’art. 480 c.p. punisce “il pubblico ufficiale che, nell’esercizio delle funzioni, attesta falsamente, in certificati o autorizzazioni amministrative, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità” e che l’art. 493 c.p. prevede che “le disposizioni degli articoli precedenti sulle falsità commesse da pubblici ufficiali si applicano, altresì, agli impiegati dello Stato, o di un altro ente pubblico, incaricati di un pubblico servizio relativamente agli atti che essi redigono nell’esercizio delle loro attribuzioni”;

rilevato che il reato di cui agli artt. 480 e 493 c.p. (falsità ideologica commessa dal pubblico impiegato incaricato di pubblico servizio in certificati o in autorizzazioni amministrative) é un reato «proprio» e che, pertanto, la violazione dei doveri inerenti al pubblico servizio sostituisce elemento costitutivo del reato medesimo, posto che l’incaricato di pubblico servizio che, nell’esercizio delle sue attribuzioni, attesta falsamente, in certificati o autorizzazioni amministrative, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, viola senz’altro i doveri inerenti al pubblico servizio di cui è incaricato;

rilevato che per tale reato non é ammissibile la contestazione dell’aggravante di cui all’art.61, n. 9 c.p. (una circostanza aggrava, invero, il reato quando non ne eostituisee un elemento costitutivo);

rilevato che la Corte di Cassazione è unanime al riguardo (cfr. Cass. Sez. 6, Sentenza n 12041 de. 16/06/1982: «L’aggravante dell’abuso dei poteri o de„a violazione dei doveri di pubblico ufficiale non è applicabile al delitto previsto daWart 479 eod. pert, poiché la circostanza aggravante è già compresa nel reato-base”; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 1581 del 16/12/1970; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2125 del 15/12/1964);
considerato che sulla questione si è, altresì, espresso il Consiglio di Srato nell’Adunanza generale, 25 novembre 1993, Cab. 126/93, Sez. I – n. 708/93;

rilevato che in detta pronuncia il Consiglio di Stato, risolvendo un quesito sull’interpretazione della legge 18 gennaio 1992, n. 16, ari. I, comma 1, lettera c) in mento al caso di un amministratore comunale condannato per un delitto di cui all’art 479 c.p., ha chiarito cosa debba intendersi per “delitto commesso con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio” (la stessa dizione della lett. d) dell’art. 10 del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 che in questa sede ci occupa);

rilevato che con detta pronuncia i giudici amministrativi hanno avuto modo di affermare quanto segue: “È intuitivo che i reati ”propri’” non siano concepibili se non in quanto commessi con, l’abuso dei poteri, o la violazione dei doveri inerenti la pubblica funzione. In altre parole, tale abuso o tale violazione non sono, per questi reati, elementi accidentali, la cui sussistenza in concreto dev’essere accertata e valutata da, giudice ma sono elementi essenziali, vale a dire sussistenti in re ipsa; È noto, del resto che quest’ultima aggravante non è contestabile in relazione a, reati “propri” giacché lo impedisce il senso comune c il testuale disposto dell’art 61 (“aggravano il reato, quando non ne sono elementi costitutivi ,e circostanze seguenti”). Sicché, in presenza di una condanna (definitiva o confermata in secondo grado) per un delitto come, ad es quelli degli artt. 476-480 c.p., o agli artt. 323, 325, 326-328 c.p., sarebbe fuori luogo chiedersi se sia stata contestata o meno l’aggravante in parola: essa non poteva venir contestati perché in tutti questi casi l’abuso dei poteri o la violazione dei doveri del pubblico ufficiale sono in re ipsa”;

Considerato che, ciò premesso, la lett. d) dell’art. 10 più volte citato stabilisce tuttavia che a condanna per un delitto commesso “con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio” comporta l’incandidabilità qualora la pena inflitta con la sentenza sia superiore a sei mesi di reclusione;

rilevato che, nella fattispecie, a Giunta Francesco è stata applicata per i delitti di cui agli artt. 480 e 493 c.p., in regime di continuazione con i più gravi delitti di truffa, la pena complessiva di mesi cinque e giorni dieci di reclusione ed euro 500,00 di multa, già ridotta per il rito, come emerge dalla lettura della sentenza;

considerato, pertanto, che la pena applicata al medesimo per i reati che in astratto rientrerebbero nell’art. 10, lett. d), d.lgs cit. è inferiore a mesi sei di reclusione;

P.Q.M.

Rileva che non sussiste nei confronti di Giunta Francesco la condizione di incandidabilità sollevata dagli istanti.

Dispone la convocazione dell’Ufficio centrale per il giorno 28 giugno 2017, ore 10:00 per la proclamazione del Sindaco.

Termini Imerese, 27 giugno 2017.
Presidente

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