Legambiente: in sicilia 273 comuni a rischio frane ed alluvioni

Sono 273 i Comuni siciliani a rischio frane o alluvioni, ossia il 70% del totale. Tra i 9 capoluoghi, tutti classificati a rischio, il primato di provincia piu’ fragile va a Caltanissetta, con l’86% dei centri a rischio, seguono Messina (84%), Agrigento e Trapani (entrambe 79%). Sono alcuni dei dati emersi dall’indagine sui comuni siciliani effettuata da Ecosistema Rischio 2010 per Operazione Fiumi, la campagna di sensibilizzazione e prevenzione organizzata da Legambiente e dipartimento della Protezione Civile e dedicata al rischio idrogeologico, presentata oggi a Messina.

Il 90% dei Comuni ha abitazioni in aree golenali, alvei dei fiumi o zone franose, il 54% delle amministrazioni presenta interi quartieri in zone a rischio, mentre il 67% ha edificato in tali aree strutture e fabbricati industriali. Nel 29% dei casi in tali zone sono presenti anche scuole ed ospedali. Complessivamente, tra abitazioni, strutture industriali e strutture sensibili si puo’ stimare che nei 273 comuni siciliani classificati a rischio dal ministero dell’Ambiente e dall’Upi, ci siano oltre 180 mila persone quotidianamente esposte a pericolo, cifra che equivale al 4% della popolazione regionale.

Preoccupante il quadro della situazione della messa in sicurezza del territorio: solo nell’8% dei casi sono state avviate iniziative di delocalizzazione di abitazioni dalle aree piu’ a rischio, e la percentuale scende al 3 considerando gli insediamenti industriali. Tra le amministrazioni comunali siciliane a rischio, quasi nove su dieci non svolgono ancora un lavoro complessivamente positivo di mitigazione del dissesto idrogeologico.

I dati – commenta Francesca Ottaviani, portavoce della campagna – restituiscono l’immagine di un territorio endemicamente fragile, in cui troppo spesso lo sviluppo urbanistico non ha tenuto adeguatamente conto del rischio. Mentre e’ prioritario mantenere alto il livello di attenzione rispetto all’assetto idrogeologico ed e’ urgente operare per rafforzare i vincoli all’urbanizzazione delle aree esposte a rischio, affinche’ vengano applicati in modo rigoroso.

Nell’ultimo anno – ricorda il presidente regionale di Legambiente Sicilia, Mimmo Fontana -, purtroppo, la Sicilia ha assistito non solo alla tragica alluvione di Messina, Giampilieri e Scaletta Zanclea ma ad una serie di episodi che hanno dimostrato come ormai anche semplici temporali possono arrivare a provocare vere e proprie tragedie: da Porto Empedocle ai Nebrodi, passando per la Collina Sant’Anna a Caltanissetta, la Sicilia si e’ dimostrata estremamente vulnerabile. E tutti questi casi di sfiorate calamita’ – denuncia – non sono conseguenza di fenomeni meteorologici imprevedibili, anche se particolarmente intensi, ma l’effetto della rottura di un equilibrio fragile e precario.

Il 50% dei comuni siciliani ha predisposto un piano d’emergenza con il quale fronteggiare situazioni di crisi come frane e alluvioni, ma solo il 36% delle municipalita’ hanno aggiornato tale piano negli ultimi due anni ed appena il 29% dei comuni si e’ dotato di sistemi di monitoraggio per l’allerta tempestiva in caso di pericolo di alluvione o frana. Significativo che quest’anno nessun comune siciliano ha raggiunto la classe di merito ottimo per il lavoro svolto nelle attivita’ di mitigazione del rischio idrogeologico.

Si distingue in positivo Gela, che raggiunge il punteggio di 7 in pagella. Il comune, che non presenta strutture in aree a rischio, si e’ dotato si un buon sistema locale di protezione civile, provvedendo all’aggiornamento del piano d’emergenza e organizzando esercitazioni e attivita’ di informazione rivolte ai cittadini. Emergono in negativo, invece, i comuni di Bolognetta (Palermo) e Ravanusa (Agrigento), che pur avendo abitazioni, industrie e interi quartieri presenti in aree a rischio non hanno avviato alcun intervento di delocalizzazione, ne’ si sono dotati dei necessari strumenti per organizzare un buon sistema locale di protezione civile.

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