Perché appaiare due artisti così diversi, due cavalli apparentemente opposti nella medesima carrozza? Un maestro della penna a sfera, un’acrobata dei colori scintillanti? Per comprendere questa scelta dobbiamo riflettere sulla funzione dell’arte nella società attuale, in un mondo allo stesso sia globalizzato e interconnesso sia velato di solitudine e precarietà individuale. Allo stesso tempo è necessaria anche una premessa: l’artefatto visivo non serve più a descrivere o rappresentare, perché fotografia digitale, video e mass media assolvono già abbondantemente a questa funzione, fino allo stordimento, all’apatia dell’osservatore.
Loredana La Placa e Fabio Caci sono entrambi siciliani, ambedue hanno percorso il sentiero dell’arte all’inizio più per passione che per mestiere, quindi le loro opere hanno lo slancio generoso di chi si è dedicato alla comunicazione per un’interiore necessità e non per creare un prodotto, un oggetto programmato per la vendita. Sono quindi dipinti che possiamo definire scremati dalle aspettative del mercato, già questo merita attenzione per la freschezza e la genuinità del ricercare.
La loro origine isolana, l’aver vissuto in una terra dove arte e storia si sovrappongono da millenni in continue sedimentazioni, permette loro di percepire nell’arte la forza intrinseca dell’essere segno, traccia volontaria, espressione di un sé che rimane viva nonostante la polvere dei secoli o il continuo mutare degli ordinamenti. Sono entrambi distanti dalla rappresentazione istituzionale, dal dover trascrivere per immagini quanto sia stato da altri pensato: la sentirebbero come gabbia, è una dimensione che non gli appartiene.
La Sicilia, come storia e cultura ci evidenziano, è patria di grandi narratori ma non di solitari e insigni romanzieri: il raccontare è patrimonio comune, dal teatro dell’antica Grecia ai cantastorie di strada, dai venditori del mercato che narrano i pregi delle proprie merci. Raccontano le donne nell’ombra estiva delle cucine, raccontavano i mariti nell’aria intrisa di tabacco dei circoli o dei caffè. Sono tutti elementi che, guardando questa mostra, ci diventeranno presto evidenti.
Loredana la Placa e Fabio Caci sono tecnicamente figli del nostro tempo: la penna a sfera è invenzione del novecento, i colori acrilici della chimica industriale. Non vi è un recupero di pratiche antiche, non vi è trasmissione generazionale come nell’universo artigiano. Ambedue lavorano nel chiuso della propria casa, non cercano il confronto: è un rapporto diretto fra l’artista e il proprio linguaggio. L’incontro con il mondo avverrà in un secondo momento, con fare quasi timido di chi – presentando la propria arte – sente di svelare molto di se stesso.
La Placa ha vissuto, nella libertà di un tuffo e nel silenzio del mare, momenti importanti – anzi illuminanti – della propria vita. Sotto le onde tutto appare diverso, quasi metafisico: la riflessione sull’inafferrabilità del piacere, sulla morte che trasforma la vita in nuova bellezza, la consapevolezza improvvisa dell’essere piccoli dentro la meraviglia di un mondo che affascina, ma può con la stessa facilità coccolare o ferire. Il colore è come acqua, l’artista vi s’immerge anche quando è lontano – fisicamente – dalle profondità dei fondali.
Fabio Caci, di contro, è sempre stato coinvolto in professioni razionali, con sviluppi geometrici, ritmi e pulsazioni statistiche: agende fitte di appuntamenti, scadenze e forme da rispettare. Il suo pensiero domina il singolo meccanismo, la consequenzialità degli atti. Nel rigore delle linee però non si sente soffocare: riesce a muoverle ancora per formare un colore, una trama preziosa che evoca l’esperienza del reale, quello che resta dietro il suo sguardo, nella quiete metodica della mente. Gli occhi indagati in così tante opere diventano autoritratti, rappresentazioni simboliche e identitarie dell’autore.
Due mondi intimi, raccolti e riservati; due artisti che senza obbligarsi a comunicare raccontano prima di tutto a se stessi il mondo che gli sta – casualmente – attorno. Entrambi tengono un diario continuo del proprio vivere, entrambi si fanno narrare dalla propria opera le esperienze vissute in prima persona: è un dialogo solitario e individuale, uno scrigno segreto rivolto agli altri solo dopo, quando ormai tutto è finito e le emozioni hanno trovato ordine nella propria anima e riflesso nel dipinto che consegnano al nostro sguardo.
La loro arte racconta di come, entrambi, hanno vissuto momenti importanti. Non descrivono o rappresentano il mondo, trovano sollievo nell’essersi parlati – senza ipocrisie – attraverso forme e colori. Possono sembrare diversi ma, alla fine, seguono un percorso creativo simile, moderno e interessante. Sono ambedue cavalli di razza, chi lavorando con i pigmenti fluidi e scintillanti, chi con il rigore d’infinite linee senza sbavature.
Massimiliano Reggiani
con la collaborazione di Monica Cerrito
Loredana La Placa e Fabio Caci
Mostra bipersonale
a cura di Massimiliano Reggiani e Monica Cerrito
dal 3 al 24 settembre 2022
Termini Imerese (PA) Via Iannelli 21








