Il cavaliere bianco di Termini Imerese è in bancarotta: breve storia di Simone Cimino

Il ministero del Tesoro ha posto in amministrazione straordinaria Cape Natixis, fondo di private equity nato a cavallo del millennio e partecipato dal veicolo d’investimento delle banche popolari francesi. Simone Cimino, famiglia potente e ben radicata ad Agrigento, fondatore di Cape, si era ripromesso di trasformare lo stabilimento di Termini Imerese nella culla dell’auto elettrica mediterranea. Su questa vicenda Cimino ha spiegato a Linkiesta di non poter ancora parlare in quanto «ci saranno degli incontri nei prossimi giorni». La gestione della Cape non è sempre stata nel segno della trasparenza. Un’interrogazione parlamentare del 2009, infatti, getta un’ombra pesante sulla partecipata T-Link, amministrata da Salvatore Errante Parrino, commercialista già membro del collegio di difesa dell’imprenditore Michele Aiello coinvolto nel processo contro Totò Cuffaro. Ma su Errante Parrino Cimino prende le distanze: «Non so chi sia Michele Aiello» e la sua «è una nomina pubblica».

Il cavaliere bianco che avrebbe dovuto trasformare Termini Imerese nel polo italiano d’eccellenza per l’auto del futuro è finito in bancarotta. L’altroieri in tarda serata è arrivato il comunicato di Bankitalia che illustrava come la Cape Natixis, società di gestione del risparmio fondata da Simone Cimino, fosse stata sottoposta ad amministrazione straordinaria dal ministero dell’Economia su proposta di Palazzo Koch e con parere favorevole di Consob per gravi irregolarità nella governance e nel rispetto delle procedure di compliance e della normativa antiriciclaggio. I commissari straordinari nominati da via Nazionale sono Stefania Chiaruttini, Roberto Tasca, mentre il comitato di sorveglianza è composto da Massimo Bigerna, Maria Elisabetta Contino e Luigi Puddu. La commercialista Stefania Chiaruttini è un nome noto alle cronache milanesi in qualità di super consulente del Tribunale in materia finanziaria. Su quale sarà il futuro di Termini Imerese, l’imprenditore siciliano ha spiegato a Linkiesta di non poter ancora parlare, in quanto «ci saranno degli incontri a giorni».

Simone Cimino, classe ’61, crea il fondo di private equity Cape (Cimino & Associati Private Equity) a cavallo del millennio, dopo una laurea in Bocconi. Partecipata pariteticamente da Natixis, banca d’investimento delle Banche Popolari francesi – che non ha voluto rilasciare alcun commento a Linkiesta in merito alla vicenda – la società si occupa di finanziare le piccole e medie imprese. Dapprima investe in aziende del Nordest attraverso i fondi Cnpef e Cn2, poi, nel 2007, crea il fondo Cape Regione Siciliana, «dedicato esclusivamente alle Pmi dell’Isola», come si legge nel sito web. Un anno prima, era nato il veicolo d’investimento Cape Live, quotato in Piazza Affari, il quale, sul Sole24Ore di ieri, ha chiarito che «l’unico legame con Cape Natixis è negli investimenti indiretti nel fondo Cn2».

Negli ultimi anni, Cimino diventa un nome affermato nel mondo del business italiano, così come il fratello Michele fa carriera in politica, diventando assessore del Bilancio ad Agrigento, e, di recente, deputato di Forza del Sud, movimento fondato a Palermo lo scorso ottobre da Gianfranco Micciché dopo l’uscita dal Pdl. Un altra famiglia divisa tra passione politica, intrecci e affari: il fratello di Gianfranco, Gaetano, è infatti l’attuale numero uno della divisione corporate di Intesa Sanpaolo. In riferimento ai Cimino, c’è chi parlò di parentopoli: un altro fratello, Maurizio, è stato fino a pochi mesi fa il numero uno della locale Protezione civile, per passare al ruolo di Direttore generale dell’Ente di sviluppo agricolo della città.

Mentre la Cape Natixis acquisisce il controllo di società come Arkimedica – che oggi ha dichiarato la propria indipendenza dalla capogruppo siciliana – e Screen Service Broadcasting Technologies, entrambe quotate in Borsa, sull’altro fondo, quello partecipato dalla Regione, cominciano a manifestarsi i primi sospetti di una gestione non proprio trasparente.

In un’interrogazione parlamentare depositata il 22 dicembre 2009 e diretta al titolare delle Infrastrutture, Altero Matteoli, il deputato Idv Leoluca Orlando evidenziò, in buona sostanza, il fallimento dell’attività di T-Link, società fondata nel febbraio 2009 e partecipata da Cape Regione Siciliana, Caronte & Tourist, la Moby di Vincenzo Onorato, la Aelle Investimenti di Stefano Costa, imprenditore piuttosto noto a Genova, e la finanziaria Oxon. Come si legge sul sito, la T-Link «si propone quale attore di primo piano nello sviluppo delle Autostrade del Mare nel bacino del Mediterraneo». Oggi, i vettori della compagnia collegano Genova Voltri con Termini Imerese, in 20 ore. Orlando, a cui Matteoli rispose esattamente un anno fa affermando che le questioni relative alla gestione di T-Link non erano di competenza del dicastero da lui guidato, lamentava come il fondo avesse investito 3,5 milioni di euro in una società che, dall’aprile al dicembre 2009, avrebbe prodotto tra i 12 e i 14 milioni di perdite, utilizzando, oltretutto, due navi prese a noleggio per garantire il servizio di trasporto lungo il Tirreno. Senza quindi creare nessun posto di lavoro.

Dal 2009 presidente di T-Link è Salvatore Errante Parrino, commercialista già membro del collegio di difesa dell’imprenditore di Bagheria Michele Aiello. Personaggio, quest’ultimo, al quale, nel 2003, l’ex Governatore della Sicilia Totò Cuffaro – condannato lo scorso gennaio per favoreggiamento e violazione del segreto istruttorio – diede informazioni riservate circa l’attività della Direzione distrettuale antimafia. Interpellato da Linkiesta, su questo punto Simone Cimino risponde: «Non so chi sia Michele Aiello, Errante Parrino è il presidente di T-Link da un sacco di tempo, nei giorni in cui era stato indicato dalla Regione Siciliana come presidente di T-Link era il vicepresidente della Sgr della Regione (Cape Regione Siciliana, dove la Regione nomina 2 membri del cda su 5, ndr), dunque le motivazioni sottostanti a questo incarico sono questioni di nomine pubbliche, non private».

La procedura di amministrazione straordinaria da parte del Tesoro arriva dopo che la lente di Bankitalia, lo scorso luglio, aveva gettato luce su un finanziamento da 5 milioni di euro concesso da Centrobanca alla Trafomec, società controllata dal fondo Cape Natixis, poi girati alla Mario Boselli Holding, società dell’ormai ex presidente Mario Boselli, che dopo due mandati, nel cda di oggi, non verrà riconfermato al vertice di Centrobanca.

Nel 2010, quando Scajola, titolare allora dello Sviluppo Economico, decise di indire una gara per garantire il futuro dello stabilimento di Termini Imerese, Cimino presentò «Sunny Car in a Sunny Region», progetto in collaborazione con il costruttore indiano Reva per «trasformare la Sicilia nel primo laboratorio europeo di mobilità fondata sull’energia solare», che prevedeva, a regime, «l’assunzione di oltre 3400 dipendenti».

Gli altri concorenti nel bando per Termini avranno brindato alla notizia del commissariamento di Cape Natixis. Decisamente meno i francesi delle banche popolari che hanno investito nella creatura del finanziere agrigentino. Questa volta, in un periodo di grandi manovre nel nostro sistema capitalistico, ai cugini d’Oltralpe l’investimento in Italia non ha reso quanto sperato.

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