I cinesi a Termini Imerese, un altro miraggio?

La recente visita di Matteo Renzi in Sicilia ha riattivato le speranze per una soluzione occupazionale di Termini Imerese, dopo tre anni dalla chiusura degli stabilimenti Fiat e la possibile fine della cassa integrazione il prossimo dicembre. Quando le aspettative di una soluzione sono elevate e disperate, è molto facile prendere lucciole per lanterne. Vale quindi la pena, riservare una pacata riflessione su questa vicenda per capire la consistenza dell’ultima ipotesi di possibili investimenti cinesi nell’area, ricordata dallo stesso Renzi.

Nel novembre del 2011 chiudeva i battenti la fabbrica di automobili FIAT, creata nel 1960 con il nome SiciliFiat, grazie ad un consistente contributo finanziario della Regione e finalizzata alla produzione del modello Fiat temporalmente più richiesto sul mercato: la Fiat 500 prima, seguita dalla Fiat600 e infine dalla Lancia Ypsilon, tutte auto a bassa tecnologia e che non hanno apportato alcun contributo in temini di innovazione tecnologica e poduttiva e che movimentavano un indotto limitato. Alla chiusura, gli operai diretti erano 1556 e quelli dell’indotto erano stimati in 700.

La chiusura degli stabilimenti, era stata annunciata dal nuovo Amministratore Delegato FIAT, Sergio Marchionne, a Palazzo Chigi, il 18 giugno 2009. Sono trascorsi cinque anni di proposte e di relative trattative con esiti alterni che non hanno prodotto alcuna conclusione positiva. E non c’è da meravigliarsi perchè le ragioni della chiusura degli stabilimenti non sono state affrontate: manca ancora oggi un piano di sviluppo industriale dell’area che preveda un decisivo ammodernamento del porto e delle infrastrutture, una riduzione del costo dell’energia e l’esame di tutti quei fattori che rendono Termini Imerese e la stessa Sicilia non competitiva.

Una cosa deve essere chiara a tutti: la vecchia SiciliFiat è nata sull’onda di una politica assistenziale che compensava gli squilibri di una mancata politica di industrializzazione della Sicilia fondata sulla coerenza tra obiettivi-risorse-impieghi. C’ea quindi da aspettarsi che, in caso di crisi industriale e/o finaziaria, le prime aree a farne le spese, sarebbero state appunto le “aree assistite”. Non è una critica alla politica o agli industriali, è una pura, semplice e lapalissiana considerazione che ci permette di capire meglio quanto detto da Massimo Renzi e azzardare delle conclusoni del caso in questione. “Un grande gruppo automobilistico cinese è interessato a investire in Italia. Già ci sono stati numerosi contatti, bisogna verificare se Termini Imerese rientrerà in questa operazione”.

Renzi non ha detto che c’è un gruppo cinese interessato a Termini Imerese e ha precisato che bisogna ancora verificare se Termini Imerese può rientrare in questa opeazione. E ha aggiunto: ” Il 31 dicembre – ha proseguito. Scade la cassa integrazione per gli operai dell’ex stabilimento Fiat. Quindi nei prossimi tre mesi si gioca il futuro dello stabilimento”. E no, caro Renzi, non si affronta un caso così complesso e, vorremmo aggiungere, strutturale ed emblematico del mancato processo di industrializzazione dell’Isola, gli ultimi tre mesi e soltanto perchè c’è una scadenza marginale legata alla cassa integrazione. Non ha senso, colpire la punta marginale dell’iceberg senza capire come si sia formato e quale possa essere il suo futuro sostenibile.

Così come è una banalità l’affermazione di Renzi: “Quando ho presentato la nuova jeep con Marchionne ed Elkann a fine luglio ho ricevuto un placet rispetto al fatto che se comunque c’è una proposta vera su Termini, si vanno a vedere le carte, indipendentemente dalle proposte che ci sono sul tavolo”.

Ci mancherebbe. Non va inoltre sottovalutata la seguente affermazione dello stesso Renzi che fa capire con chiarezza che lo stesso Governo non ha idee chiare sul modello di sviluppo di Termini Imerese e della Sicilia e questo, sì, è di estrema gravità e fa capire meglio di ogni altro discorso che si sono persi ben cinque anni durante i quali non è stato fatto nulla per isolvere seriamente lo stato di mancato sviluppo della Sicilia e non c’è da spettarsi miracoli nei prossimi cinque anni: “…non fare più macchine a Termini sarebbe una sconfitta, sarebbe un peccato. Io mi darei questa regola: se si vuole continuare a fare macchine e macchine di livello, si fanno macchine di livello; si prende tutto ciò che porta creazione posti di lavoro, comprese le proposte turistiche”.

Tutto in alto mare quindi. E la proposta cinese? In alto mare anche quella, almeno per Termini Imerese, fino a quando i Siciliani continueranno a dormire e aspettare Godot che, per una sua ignoranza geografica, non sa neppure dove sia Termini Imerese. Non è certo Renzi a salvare la Sicilia, il nuovo “uomo della provvidenza”. Possono e devono essere i suoi abitanti migliori, riuniti in un patto d’acciaio… Peccato che anche l’acciaio sia in crisi profonda.

 

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