Crisi del Pdl: iniziò in Sicilia con Miccichè e i finiani. Missione impossibile per Alfano, nuovo coordinatore nazionale

Berlusconi vuole che Angelino Alfano si occupi del partito, sostituirebbe Sandro Bondi che si è dimesso. È un segno del destino, visto che i guai del Pdl sono cominciati nella terra in cui Angelino Alfano è nato ed è cresciuto, politicamente e professionalmente. Nell’Isola si è verificata l’implosione del Pdl, nell’Isola è nata l’ala dura e pura della fronda finiana (Briguglio e Granata), nell’Isola è nato un gruppo parlamentare all’Assemblea regionale, il Pdl-Sicilia, dal quale sono nati due partiti (Fli e Forza del Sud).

Occorre andare indietro con la memoria. Un episodio per tutti. Nel confronto pubblico fra Berlusconi e Fini, il presidente della Camera rimproverò al premier la sua inazione sugli eventi siciliani, ottenendo una risposta indispettita ma, virtualmente, rassicurante (Provvederò e in due settimana…). Non successe niente. Il caso siciliano è diventato oggi il paradigma dell’inazione, della confusione, del malessere, di tutti i guai del partito di maggioranza relativa.

La Sicilia, dunque, è la cartina di tornasole della crisi del Pdl. La guerra per bande cominciò qui e non fu contenuta, repressa, affrontata e risolta. Perché? A Berlusconi non piace – è la tesi prevalente – scontentare alcuna delle parti quando tutte gli obbediscono. Che litighino fra loro, troveranno una composizione ed il partito non ne avrà danno. E invece non è così. Il Pdl è in fiamme ovunque, dall’Alto Adige alla Toscana, al Friuli Venezia Giulia, in Sardegna, Campania e Lazio. Ma anche, seppure sotto traccia, in Lombardia, Piemonte, Puglia. Ovunque.

Ed ora nomi si sa che pesci pigliare. Le dimissioni di Sandro Bondi hanno dato a Silvio Berlusconi la possibilità di fare qualche cambiamento nel triumvirato di vertice, sostituendo il dimissionario con Angelino Alfano, ma non è certo una mossa risolutiva. Franco Frattini ha suggerito un direttorio, Roberto Formigoni le primarie (condivise da Alfano), Marcello Dell’Utri un coordinatore unico, un uomo forte, come Denis Verdini, e la rinascita dei Circoli della Libertà, Fabrizio Cicchitto predica la necessità, inascoltato e con poca convinzione, di trasformare il Pdl in un partito normale con tessere, sezioni e congressi.

Poi ci sono i ciellini (Comunione e Liberazione), che fanno buon viso a cattivo gioco all’invasività del berlusconismo irrispettoso delle gerarchie ecclesiastiche, i movimentisti, veri o finti, come Michela Brambilla, che sono allo sbando, abbandonati al loro destino.

Claudio Scajola batte i pugni sul tavolo, Liberamente (la corrente ministeriale) punta il dito contro l’assetto notarile del partito, mummificato dal contratto con gli ex AN, (trenta per cento), Renata Polverini e Michela Biancofiore, per motivi diversi, minacciano sedizione, Gianni Alemanno ha manifestato il desiderio di raccogliere sotto un unico tetto la destra del centrodestra (per farne che?), i cespugli sono sul piede di guerra (il loro status di cofondatori non viene riconosciuto ai Cristiano Popolari e Dc-Psi di Carlo Giovanardi). E poi c’è l’insopportabile predominio del leghista Giulio Tremonti, il guardiano del faro (cioè l’alleanza con Bossi), e nume tutelare del governo per via dei conti in ordine (e il resto in disordine).

Angelino Alfano dovrà occuparsi di tutto questo (con Denis Verdini e Ignazio La Russa). A lui spetterà di trovare un collante nell’arcipelago degli oligarchi, e a Verdini la fureria. Ignazio La Russa dovrà fare buon viso a cattivo gioco, magari auspicando che dalle iniziative di Gianni Alemanno venga una ciambella di salvataggio.

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