Corte conti bacchetta Agenzia investimenti: “Stipendi troppo alti e il rosso aumenta”

Avrebbe dovuto essere il consulente pubblico per il rilancio di Termini Imerese. E invece Invitalia, già Sviluppo Italia e oggi ribattezzata Agenzia nazionale per l’attrazione degli Investimenti, ha da tempo fallito la missione con buona pace di oltre 3500 persone fra ex dipendenti Fiat e lavoratori dell’indotto palermitano dell’auto. In compenso, però, nonostante la disfatta siciliana, l’Agenzia ha visto lievitare organici e peggiorare i conti.

A rilevarlo è stata la Corte dei conti nella sua attività di controllo eseguito sulla gestione finanziaria del 2011 della società pubblica in cui la magistratura contabile ammette che “l’appesantimento dell’organico è figlio dell’assorbimento di parte delle risorse umane della soppressa Ipi, attuato per legge”. I numeri, invece, non fanno sconti: il conto economico consolidato 2011 ha registrato un rosso da 5,9 milioni di euro contro una perdita da 3,9 milioni nel 2010. La società chiude invece con un utile da 500mila euro in flessione di 787mila euro rispetto ai profitti da 1,336 milioni dell’esercizio 2010. “Tale risultato trova causa soprattutto nelle perdite relative a Nuovi Cantieri Apuania S.p.A. (-5,4 milioni di euro), la cui permanenza all’interno del Gruppo è stata richiesta dal ministero dello Sviluppo economico“, precisano i magistrati contabili che rilevano anche come le passività siano salite per 17,1 milioni, mentre il patrimonio netto sia aumentato di 558 milioni.

Una performance non certo brillante per il direttore generale, Domenico Arcuri, enfant prodige della ex Iri che ha affinato le arti finanziarie nella società di consulenza Deloitte, e per il presidente Giancarlo Innocenzi Botti, fondatore di Fininvest e sottosegretetario alle Comunicazioni dal 2001 al 2005 con l’incarico di presidenza della Commissione per lo sviluppo del digitale terrestre. Poco importa, però, visto che i loro compensi, negli ultimi cinque anni, sono comunque aumentati: il presidente è passato dai 146mila euro del 2007 ai 281mila euro del 2011, mentre il direttore generale, è passato da 601mila a 792mila euro. Non solo, complessivamente presidente, direttore generale, sindaci, comitato remunerazioni e componenti del consiglio di amministrazione hanno intascato nel 2011 ben 1,340 milioni di euro, il 20% in più rispetto al 2007.

C’è da dire, però, che il bilancio 2012 dell’Agenzia dovrebbe migliorare: i magistrati contabili hanno evidenziato infatti che ”gli aspetti di criticità riferiti alla Nuovi Cantieri Apuania (NCA), sono stati superati nel 2012 con la cessione dell’intera partecipazione alla società Moda Design srl (holding proprietaria del gruppo Tecnomar-Admiral, primaria società cantieristica italiana)”. Operazione che, nei progetti di Corrado Passera, ministro uscente dello Sviluppo economico, dovrebbe permettere di salvare 700 posti di lavoro, indotto incluso, grazie all’ingresso in scena dell’imprenditore Giovanni Costantino, genero del maestro piemontese del design automobilistico Giorgetto Giugiaro. Un epilogo positivo, insomma, in una partita importante i cui primi risultati concreti dovranno vedersi ad aprile quando sarà consegnato al gruppo Rfi il traghetto ferroviario “Messina”. Ultimo atto prima di avviare il riposizionamento della società verso il segmento yacht con scafi fino a 100 metri di lunghezza. Benché la crisi, anche nella nautica superlusso, spinga ad andarci cauti.

Di sicuro all’Agenzia, che con uno staff di 709 persone nella sola capogruppo (più altre 208 nelle altre società) è riuscita a convincere nel 2011 ad investire in Italia appena tredici aziende straniere, la cessione di Nuovi cantieri Apuania è stata vissuta come un gran successo. Ma in casa, del resto, non è mai mancato il grasso ottimismo. A Termini Imerese ricordano ancora le parole di Arcuri sulla trattativa, finita poi con un buco nell’acqua, per l’ex impianto Fiat con la Dr Motor dell’imprenditore molisano Massimo Di Risio: la “situazione è confortante”, spiegava Arcuri, perché “le difficoltà del progetto in Sicilia erano, sono e resteranno minime. Le difficoltà finanziarie dell’azionista della società che farà l’investimento hanno a che fare con una storia imprenditoriale che si è sviluppata altrove, sono altra cosa”. Purtroppo la storia gli ha dato torto marcio.

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