Ars, ddl “Disposizioni in materia di beni culturali e di tutela del paesaggio”. Ordini Architetti di Palermo e Catania: “Norma pericolosa per il nostro patrimonio”

“Una norma pericolosa, priva di visione politica e di riferimenti culturali e normativi da cui non si può prescindere e non ci si deve allontanare per tutelare il grande patrimonio culturale e ambientale della nostra Isola”. È durissimo il giudizio dell’Ordine degli Architetti di Palermo e dell’Ordine degli architetti di Catania sul ddl “Disposizioni in materia di beni culturali e di tutela del paesaggio” in discussione all’Ars.

“Si tratta – dicono i presidenti Franco Miceli e Alessandro Amaro – di un atto legislativo che avrebbe come risultato un disastro normativo di notevoli proporzioni, abbandonando e negando quegli elementi fondanti che hanno contraddistinto le idee di riforma contenute nel corpo legislativo della nostra Regione e giustificando il tutto con il recepimento del Codice dei Beni Culturali (Dlgs 42/ 2004) che essendo una normativa di riforma economica e sociale si applica ipso facto su tutto il territorio nazionale ivi comprese le Regioni a Statuto Speciale”. Nel mirino, tra le altre cose, la delega agli sportelli unici per l’edilizia, delle autorizzazioni paesaggistiche senza considerare la pressoché assenza di figure con competenze tecnico scientifiche specifiche in materia di tutela del paesaggio all’interno degli enti locali.

Oggi i due presidenti hanno inviato una lettera urgente al presidente della V Commissione dove il ddl è in discussione e al neo assessore ai Beni culturali, Alberto Samonà. “È grave – scrivono Miceli e Amaro – che gli Architetti Siciliani, in quanto soggetti, per ovvie ragioni, ampiamente interessati alle problematiche affrontate nel ddl, non siano stati auditi in Commissione. Ribadiamo, tuttavia, la nostra piena disponibilità a collaborare per individuare le soluzioni più adeguate a superare le difficoltà esistenti nell’ambito della tutela e gestione dei beni culturali e paesaggistici”.
Difficoltà iniziate nel 2000 con la soppressione del “ruolo tecnico dei Beni Culturali” a vantaggio di un “ruolo unico della dirigenza” che ha determinato situazioni paradossali assegnando il ruolo di dirigente a figure che non possedevano le competenze per dirigere settori tecnico – amministrativi che, al contrario, avrebbero richiesto altri e più coerenti profili professionali. “Il risultato è che ci si è trovati – scrivono ancora i presidenti dei due Ordini – con Bibliotecari che dirigevano settori archeologici, Geologi ai Beni Monumentali e così via, secondo una illogica ed inaccettabile modalità che ha acuito lo stato di inefficienza della struttura organizzativa dei Beni Culturali regionale”. Ripetere oggi lo stesso errore delegando ad altre istituzioni – ancora meno attrezzate – le competenze sarebbe “un errore gravissimo e imperdonabile”.

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