E’ considerata una delle più prestigiose sculture della storia dell’arte del Cinquecento siciliano. E’ la statua del San Rocco ospitata nella chiesa della Gancia di Termini Imerese. Il restauro è frutto di una iniziativa di SiciliAntica e grazie al contributo dell’Azienda Acqua Geraci che ha finanziato l’intervento. I lavori sono stati eseguiti, sotto la direzione scientifica della Soprintendenza ai Beni Culturali di Palermo, dalla restauratrice Fanny Basso.
L’opera di autore ignoto, datata 1579, è realizzata in legno intagliato, policromo e dorato è posta su un basamento esagonale sul quale sono dipinte sei scene di vita del Santo di eccezionale fattura. L’obiettivo principale dell’intervento di conservazione è stato il consolidamento degli strati pittorici e l’eliminazione, tramite un accurato e mirato intervento di pulitura, del forte ingiallimento e del generale scurimento che rendevano difficoltosa la lettura dell’opera celando le cromie degli incarnati, delle vesti e le raffinate decorazioni legate ai simboli del pellegrinaggio riscontrate sul manto. La presentazione alla città della scultura restaurata avverrà ai primi di ottobre in occasione dei festeggiamenti in onore di San Francesco d’Assisi.
Dichiarazione di Alfonso Lo Cascio, della Presidenza regionale SiciliAntica
“I beni artistici non rappresentano solo il patrimonio culturale di un paese ma in qualche modo segnano in modo considerevole l’identità stessa di una comunità. La nostra città e le nostre Chiese in particolare – scrive Alfonso Lo Cascio, della Presidenza regionale SiciliAntica – possiedono una quantità enorme di opere d’arte di sorprendente bellezza Ma molta di questa ricchezza rischia di andare perduta, in quanto le istituzioni a cui è affidata, nonostante la buona volontà, spesso non riescono a far fronte adeguatamente alla salvaguardia dei tanti beni culturali che custodiscono. Nella considerazione che tale patrimonio appartiene a tutta la comunità, abbiamo ritenuto di avviare un percorso di graduale ma costante recupero.
A partire dal restauro di questo eccezionale capolavoro del Cinquecento siciliano vogliamo favorire la nascita di un mecenatismo diffuso, chiedendo a diversi soggetti, che operano nel nostro territorio, di contribuire al recupero del meraviglioso giacimento culturale che possediamo. Il nostro grazie all’azienda Acqua Geraci che sa coniugare in maniera straordinaria serietà imprenditoriale e sensibilità verso la memoria storica del territorio e pur non appartenendo a questa città ha voluto finanziare il restauro della prestigiosa opera”.
Dichiarazione di Fr. Vincenzo Esposito, Guardiano del Convento di S. Maria di Gesù
“E’ una grande gioia per la nostra comunità – afferma Frate Vincenzo Esposito, Guardiano della convento di S. Maria del Gesù, detto della Gancia, di Termini Imerese – avere riportato al suo antico splendore una scultura cinquecentesca di così alto valore artistico che coniuga in maniera meravigliosa l’arte e la fede. Vogliamo augurare che il recupero della scultura a cui daremo il rilievo che merita, come del resto anche richiesto dalla Soprintendenza, possa far riscoprire il culto verso San Rocco patrono degli emarginati e degli ultimi e invocato contro le malattie contagiose e le catastrofi naturali. Crediamo che in questo momento di grande difficoltà il Santo di Montpellier possa rappresentare un esempio per tanti che si trovano smarriti e oppressi da una situazione economica difficile e da una perdita di punti di riferimento valoriali. Il nostro ringraziamento all’Associazione SiciliAntica che ha promosso l’iniziativa e all’azienda Acqua Geraci che ha voluto finanziare questo intervento, iniziato dal mio predecessore e che io oggi ho la fortuna di vedere completato”.
La scultura oggetto del restauro
La statua oggetto del restauro, di altezza 1,80 m., raffigura S. Rocco ritratto in piena maturità con tutti gli attributi inconfondibili che connotano la sua vita di apostolato tra i malati: il ‘sanrocchino’ abbigliamento da pellegrino con mantello corto (serviva a proteggerlo dalle intemperie), la ‘piaga’ (bubbone) della peste contratta nei pressi di Piacenza che il Santo indica con il dito indice a metà della coscia sinistra, il ‘bastone’ o il ‘bordone’ con attaccata la borraccia richiama le marce lunghissime del pellegrino, la ‘croce dipinta’ sul mantello corto ricorda la voglia a forma di croce che aveva sul petto fin dalla nascita, il ‘cappello parasole’ a larghe falde utilizzato per proteggersi dal sole durante i viaggi e la ‘bisaccia’ (borsa da viaggio a tracolla).
Il manufatto ligneo è finemente intagliato, le vesti sono dipinte e decorate a lamina d’oro, eccetto la parte interna del manto realizzata con foglia d’argento. La resa realistica dei tessuti è accentuata da una raffinata lavorazione eseguita sui bordi del mantello e sui risvolti dei calzari, tramite la ‘tecnica graffita’ che prevede una prima stesura della foglia d’oro e una successiva di colore che veniva in un secondo tempo graffiato con una punta metallica lasciando riaffiorare il prezioso metallo sottostante, creando così, per sottrazione di pigmento, gli elementi decorativi stilizzati composti da una sequenza continua dall’andamento naturalistico di volute composte da tralci e foglie.
La Storia del Santo San Rocco è nato a Montpellier fra il 1345 e il 1350 ed è morto a Voghera fra il 1376 e il 1379 molto giovane a non più di trentadue anni di età. I genitori Jean e Libère De La Croix erano una coppia di esemplari virtù cristiane, ricchi e benestanti ma dediti a opere di carità. Secondo la pia devozione il neonato, cui fu imposto il nome di Rocco (da Rog o Rotch), nacque con una croce vermiglia impressa sul petto. Ricevette un’educazione molto religiosa da parte della pia madre, che lo indirizzò verso una profonda devozione alla vergine Maria. Intorno ai vent’anni di età perse entrambi i genitori: vendette tutti i suoi beni, si affiliò al Terz’ordine francescano e, indossato l’abito del pellegrino, fece voto di recarsi a Roma a pregare sulla tomba degli apostoli Pietro e Paolo. Nel luglio 1367 era ad Acquapendente, una cittadina in provincia di Viterbo, dove ignorando i consigli della gente in fuga per la peste, il Santo chiese di prestare servizio nel locale ospedale mettendosi al servizio di tutti. Egli benediceva gli appestati con il segno della croce e all’istante li guariva toccandoli con la mano taumaturgica. Ad Acquapendente si fermò per circa tre mesi fino al diradarsi dell’epidemia, per poi dirigersi verso l’Emilia Romagna dove il morbo infuriava con maggiore violenza, al fine di poter prestare il proprio soccorso alle sventurate vittime della peste. L’arrivo a Roma è databile fra il 1367 e l’inizio del 1368. Ed è qui che sarebbe avvenuto il più famoso miracolo di San Rocco: la guarigione di un cardinale, liberato dalla peste dopo aver tracciato sulla sua fronte il segno di Croce. Fu proprio questo cardinale a presentare San Rocco al pontefice: l’incontro con il Papa fu il momento culminante del suo soggiorno romano. La partenza da Roma avvenne tra il 1370 e il 1371. Varie tradizioni segnalano la presenza del Santo a Rimini, Forlì, Cesena, Parma, Bologna. Certo è che nel luglio 1371 è a Piacenza presso l’ospedale di Nostra Signora di Betlemme. Nella città proseguì la sua opera di conforto e di assistenza ai malati, finché scoprì di essere stato colpito dalla peste. Si allontana dalla città e si rifugia in un bosco vicino Sarmato, in una capanna sul fiume Trebbia. Qui un cane lo trova e lo salva dalla morte per fame portandogli ogni giorno un tozzo di pane, finché il suo ricco padrone seguendolo scopre il rifugio del Santo. Intanto in tutti i posti dove Rocco era passato e aveva operato guarigioni il suo nome diventava famoso. Dopo la guarigione, il Santo riprende il viaggio per tornare in patria.
Muore in prigione, dove era stato rinchiuso ingiustamente, a Voghera il 16 agosto di un anno compreso tra il 1376 e il 1379. Racconta la leggenda che prima di spirare, il Santo aveva ottenuto da Dio il dono di diventare l’intercessore di tutti i malati di peste che avessero invocato il suo nome, nome che venne scoperto dall’anziana madre del Governatore o dalla sua nutrice, che dal particolare della croce vermiglia sul petto, riconobbe in lui il Rocco di Montpellier. Il Santo fu sepolto con tutti gli onori. Sulla sua tomba cominciò subito a fiorire il culto al giovane Rocco, pellegrino di Montpellier, amico degli ultimi, degli appestati e dei poveri. Il Concilio di Costanza nel 1414 lo invocò santo per la liberazione dall’epidemia di peste ivi propagatasi durante i lavori conciliari.
Il culto di san Rocco è popolarissimo da secoli in Europa e nel resto del mondo. Lo si invocava contro la peste, autentico flagello medievale e che a più riprese si diffuse per contagio nel vecchio continente mietendo milioni di vittime. È invocato nelle campagne contro le malattie del bestiame e le catastrofi naturali. È patrono pure degli invalidi, dei prigionieri e degli emarginati, per aver provato le stesse condizioni durante la sua vita. I recenti aggiornamenti liturgici gli riconoscono pure il patronato contro le altre malattie contagiose, Aids compresa.