Un futuro per 23 centrali obsolete tra le quali Termini Imerese

Perché non trasformare l’ormai ansimante cattedrale in ferro-cemento, destinata alla ruggine e all’oblio, in una nuova area commerciale integrata? Oppure in una fabbrica ad alto contenuto tecnologico. O anche in un potentissimo ”data center” come quelli che comunque dovranno nascere anche da noi. O magari in una di quelle aree integrate di servizi pubblici telematici di cui abbiamo tanto bisogno. E perché non pensare di piazzare proprio lì una nuova industria automobilistica. O anche una palestra tecnologica dove sperimentare un polo per la tutela ambientale gestendo il ciclo dei rifiuti per produrre nuova energia con le migliori tecnologie disponibili. Il bello è che non si tratta né di simulazioni le fantasie, ma di progetti. Segreti, ma stanno pian piano sbocciando. Dalle ceneri, fortunatamente virtuali, di qualcosa che c’è.
Ci sono 23 centrali elettriche ansimanti, obsolete, messe alle strette dal mercato e dalla tecnologia, comunque destinate a rimanere ferraglia. Perché buttarle? Perché non ”rivalorizzarle”, azzarda Carlo Tamburi, il capo delle attività italiane dell’Enel, che ha sul groppone un buon numero di quelle centrali (si veda Il Sole 24 Ore del 23 ottobre 2014) che il mercato non fa funzionare più, un po’ a causa della congiuntura che deprime i consumi ma moltissimo per colpa, come ormai stranoto, di un sistema elettrico che non ha saputo correttamente ricalibrarsi negli anni rispetto alle suggestioni della liberalizzazione e soprattutto alla prorompente avanzata delle energie rinnovabili.
In Italia abbiamo ben 130 gigawatt teorici di generazione elettrica su una richiesta di picco che supera di poco i 50 GW e che normalmente di ferma a 40 GW. L’Enel ha fatto i suoi conti della crisi. Ne sono venute fuori appunto 23 centrali per una capacità totale di circa 13 gigawatt, che non producono più o producono col contagocce. Nove sono state già dismesse, 14 sono in dismissione. Magari continueranno a produrre a ritmo ridotto per i prossimi cinque anni, fino alla scadenza delle autorizzazioni all’esercizio che comunque non saranno rinnovate.
«Ma da un evidente fenomeno di crisi potrebbero nascere non poche opportunità, per lo sviluppo locale e per l’occupazione». Tamburi ci crede. Anche perché qualche piccola sorpresa positiva c’è già. Viene dai primi riscontri del piano predisposto dall’Enel, che sarà ufficializzato nei prossimi giorni. Parola d’ordine: rivalorizzare, appunto. Il metodo: un mix di verifiche e sondaggi con le istituzioni, con le imprese, con le comunità locali. Adottando il modello del dibattito pubblico alla francese (che oltralpe si è rivelato decisivo, tra l’altro, per la costruzione senza grossi traumi delle centrali nucleari). Il tutto accompagnato dalla pubblicazione sia del materiale di dettaglio che della documentazione sui lavori in corso in un portale Internet già on-line (www.futur-e.it).
NORD
Porto Tolle – Polesine Camerini (Rovigo)
Livorno
Porto Marghera (Venezia)
Genova
La Spezia – gruppo 1 e 2 a gas
Trino – Leri Cavour (Vercelli)
Alessandria
Carpi (Modena)
CENTRO
Montalto di Castro (Viterbo)
Piombino (Livorno)
Portoscuso (Carbonia – Iglesias)
Gualdo Cattaneo – Bastardo (Perugia)
Assemini (Cagliari)
Pietrafitta – sezioni turbogas 3,4 (Perugia)
Camerata Picena (Ancona)
SUD
Rossano Calabro (Cosenza)
Termini Imerese – sezione TI41 (Palermo)
Augusta (Siracusa)
Bari
Larino (Campobasso)
Giugliano (Napoli)
Campomarino (Campobasso)
Maddaloni (Caserta)

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