Termini non resta a piedi

Alla fine l’imprenditore molisano Massimo di Risio sembra avercela fatta e a Termini Imerese si è aggiudicato la pole position. Sarà infatti la sua Dr Motor a prendere il posto di Fiat nello stabilimento siciliano che dal 31 dicembre sarà chiuso, lasciando i 1.640 operai (2.200 con l’indotto) senza un lavoro. Tra le cinque aziende che il ministero dello Sviluppo economico e il suo advisor Invitalia hanno indicato, Dr Motor è l’unica che opera nel settore dell’automobile, anche se finora si è occupata solo di assemblarle le auto, non di costruirle. DE TOMASO E ROSSIGNOLO ESCLUSE. Dalla prima short list creata dall’advisor il 15 febbraio 2011 sono state infatti escluse la De Tomaso di Gian Mario Rossignolo, che nel polo termitano voleva produrre auto di lusso ma non aveva i capitali sufficienti, e Cape Natixis, guidato dal finanziere siciliano Simone Cimino, che insieme all’alleato indiano Reva voleva costruire auto elettriche, ma a causa di problemi giudiziari non si è più presentato. E di difficoltà con la giustizia ne ha avute anche l’azienda dei fratelli Cicolella, che avrebbe dovuto costruire serre fotovoltaiche, ma è stata esclusa dalla cinquina anche perché per il progetto «si sarebbero dovuti espropriare numerosi terreni intorno allo stabilimento», fanno sapere da Invitalia. «Invece Di Risio dava maggiori garanzie sia sul piano industriale sia sulle prospettive di produzione».

Il piano industriale di Di Risio: 60 mila auto nel 2016 e 1.312 operai

Dr Motor prevede un investimento di 125 milioni di euro e uno sviluppo graduale dal 2012 al 2016, quando a pieno regime si costruiranno 60 mila automobili l’anno e saranno riassorbiti 1.312 degli attuali dipendenti di Termini Imerese. In particolare, il piano di Dr prevede l’assemblaggio a Termini Imerese di quattro modelli nei segmenti A, B, C e D. Per il 2012 l’obiettivo prefissato è di 10 mila auto con l’occupazione di 241 addetti. L’organico aumenterà gradualmente: 561 occupati nel 2013 con l’assemblaggio di 24.900 vetture; 909 nel 2014 con 38.300 auto; 1.272 nel 2015 con 52 mila pezzi fino ai 1.312 operai a regime nel 2016 e 60 mila veicoli. Passerebbero quindi all’azienda molisana la maggior parte degli operai Fiat. Altri 200 andrebbero alla Biogen (energetico e biomasse) e a Lima Group (elettromedicali e protesi sanitarie), e 160 tra Medstudios (produzione tivù) e Newcoop (piattaforma logistica per la grande distribuzione). CINQUE AZIENDE INVESTONO 341 MILIONI. L’investimento complessivo in capo alle cinque aziende selezionate sarà di 341 milioni di euro, con agevolazioni pubbliche pari a 67 milioni di euro (cui si aggiungeranno le agevolazioni regionali sull’occupazione e la formazione). La selezione, però, non può dirsi ancora conclusa: «La legge prevede che chiunque presenti un progetto entro il 31 dicembre abbia diritto a essere esaminato», ha detto l’advisor. OCCHI ANCHE SULLA IRISBUS. Intanto l’imprenditore molisano, ex pilota nel campionato Turismo, non ha nascosto di voler sostituire la Fiat non solo a Termini Imerese, ma anche alla Irisbus-Iveco di Flumeri, in provincia di Avellino, dove ha da tempo fatto un’offerta. «Siamo molto soddisfatti per la preferenza accordata al nostro progetto, ma è soprattutto da notare come l’intera procedura per l’attuazione dell’accordo di programma di Termini Imerese sia un fiore all’occhiello per l’intero sistema-Paese e debba essere presa a modello per l’assoluta trasparenza dell’iter di selezione e per la certezza e rispetto dei tempi decisionali», ha commentato Di Risio. Che ha aggiunto: «La possibilità di conservare a Termini Imerese il know-now automobilistico è una scelta strategica di grande rilevanza, perché consente al nostro Paese di mantenere e rafforzare ulteriormente il presidio e il volano di competenze, ricerca e sviluppo tecnologico sempre garantito da questo settore».

Sindacati scettici chiedono l’intervento di Napolitano

Ma il futuro di Termini è ancora incerto. E a mostrarsi scettici sono prima di tutto i sindacati: «I progetti industriali presentati sinora sono molto deboli e il tempo stringe», ha commentato il responsabile nazionale auto della Fiom Giorgio Airaudo: «Il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, procede per annunci, ma la soluzione è lontana e il rischio è che Fiat cerchi di disimpegnarsi prima che si trovino validi sostituti». Sulla Dr le perplessità della Fiom riguardano l’occupazione e alcuni aspetti legati al piano industriale. «L’azienda, dall’inizio dell’anno a fine agosto», ha detto il segretario della Fiom di Palermo, Roberto Mastrosimone, «ha venduto 2.300 auto, chiuderà il 2011, presumibilmente, a quota 3000-3500. Deve spiegarci in che modo intenda raggiungere l’obiettivo di 60 mila vetture l’anno nel 2016, come previsto nell’offerta per lo stabilimento Fiat». GLI OPERAI ASSEMBLERANNO PEZZI. I dubbi sono legati anche alla rete commerciale e di vendita. «Una cosa è esporre un’auto in un centro commerciale», ha aggiunto Mastrosimone, «altra cosa è dotarsi di una rete. Sappiamo soltanto che a Termini i lavoratori si occuperanno di assembleare pezzi che arriveranno con container dalla Cina dove sono le officine, i centri di assistenza, le rimesse con i pezzi di ricambio», ha sottolineato. Secondo quanto si apprende sarà Fiat a fornire all’azienda molisana i motori e alcuni componenti meccanici. A definirsi preoccupati per «l’enorme ritardo e il destino dei lavoratori» sono anche i segretari della Cisl Sicilia, Maurizio Bernava, e della Fim regionale, Salvatore Picciurro. Che hanno deciso di chiedere un interessamento del capo dello Stato Giorgio Napolitano: «Levi la sua voce di fronte all’emergenza sociale che l’Isola vive. A partire dal comprensorio termitano». AZIENDE CON CAPITALI PROPRI. La speranza è che «le cinque aziende dimostrino reali capacità di autofinanziamento dei piani di investimento», ha sottolineato Bernava, che chiede maggiore attenzione ai tentativi di speculazione. «Su Cimino e Rossignolo avevamo espresso perplessità fin dall’inzio e avevamo ragione noi». Insomma imprenditori con capitali propri disposti a investire è la richiesta. Bernava ha inoltre ricordato che «Termini Imerese era per la Fiat un sovra costo», e visto che la sua chiusura «ha contribuito alla redditività del progetto Fabbrica Italia e permesso a Sergio Marchionne di investire su Pomigliano e Mirafiori», ha osservato Bernava, «che ora i nostri operai non paghino ulteriormente e non siano abbandonati». I sindacati si chiedono infatti cosa succederà nell’immediato: «Se i 1.500 operai saranno impiegati solo una volta che la produzione sarà a regime nel 2016, cosa accadrà nel frattempo? Speriamo che questa volta Fiat si accerti di lasciare i suoi operai in buone mani».

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