Storia dell’inquinamento da CO2: ENEL di Termini al terzo posto in sicilia al sesto in Italia

NEL 2010 IL RAPPORTO DI GREENPEACE DICEVA QUESTO
Tra gli impianti industriali più inquinanti finiti nella lista nera dell’associazione ambientalista Greenpeace, 3 su 20 si trovano in Sicilia. L’associazione ambientalista ha messo in fila i grandi produttori di CO2, senza risparmiare la nostra regione dove, secondo la speciale classifica, le maggiori emissioni vengono prodotte: dalla centrale Edipower di San Filippo del Mela, nel messinese, con 1,8 milioni di tonnellate di Co2 di quote assegnate ed emissioni per 3,3 milioni di tonnellate con sforamento di un milione e mezzo; dalla raffineria Eni di Gela dell’Eni, con 2,9 milioni di tonnellate di Co2 di quote assegnate ed emissioni per 3,1 milioni di tonnellate con sforamento di 200 mila tonnellate; dalla centrale Enel di Termini Imerese, con 1,9 milioni di tonnellate di Co2 di quote assegnate ed emissioni per 2,0 milioni di tonnellate con sforamento di 100 mila tonnellate.
Tra le regioni d’Italia, però, il triste primato delle maggiori emissioni spetta alla Puglia che ospita tre delle prime quattro aziende in classifica, quali la centrale Enel a carbone di Brindisi sud, che “mantiene – si legge nel comunicato diffuso da Greenpeace – il primato dei grandi inquinatori italiani con 13 milioni di tonnellate (Mt) di CO2 emesse nel 2009, superando ampiamente le quote e i limiti di 10,4 Mt di CO2 imposti dalla Direttiva europea sulle emissioni”. Sul podio salgono anche la centrale Edison di Taranto con 5,9 Mt di CO2 e la raffineria Saras di Sarroch con 5,2 Mt di CO2.
Nel mirino dell’associazione ambientalista resta soprattutto il gruppo Enel. “In particolare – ha spiegato Domenico Belli, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace – il piano di investimenti di Enel comporterebbe quasi il raddoppio delle sue emissioni di CO2: è questa la politica ambientale del maggior gruppo elettrico italiano?”.
Una domanda che, visti i risultati, rimane inevasa anche in Sicilia. Nella black list degli impianti italiani esclusivamente Enel, infatti, oltre alla centrale di Termini Imerese che si piazza al sesto posto della graduatoria nazionale, rientra in classifica anche quella siracusana di Priolo Gargallo, con 1 milione e mezzo di quote allocate ed emissioni verificate per 1,6 milioni di tonnellate di Co2. In sostanza, sebbene non ci siano i livelli degli stabilimenti della Puglia, leader assoluti dell’inquinamento nazionale, la Sicilia può vantare quattro impianti altamente inquinanti.
Secondo Greenpeace, per invertire la rotta, “bisogna orientare il nostro sistema economico produttivo verso soluzioni
innovative, basate sulle fonti rinnovabili e l’efficienza energetica, capaci di generare occupazione sostenibile e durevole, migliorare la qualità dell’ambiente e della vita delle persone”. Dal rapporto emergono comunque segnali importanti a livello nazionale. Il livello di emissione di CO2 nel 2009, infatti, si è abbassato in tutt’Italia. Sarà stata la crisi economica e il conseguente effetto degli interventi di efficientamento energetico, sta di fatto che la produzione di emissioni si è abbassata da 538,6 milioni di tonnellate del 2008 a quota 502 milioni del 2009. Rispetto a due decenni fa, inoltre, la diminuzione è pari al 3%. Buona anche la performance delle rinnovabili che contribuiscono per il 20% alla produzione energetica nazionale
Numeri confortanti che, però, secondo Greenpeace non sono ancora sufficienti. “La diminuzione del 3% rispetto al 1990 – recita una nota dell’associazione – è meno della metà dell’obiettivo fissato dal Protocollo di Kyoto”.

NEL 2013 LA SITUAZIONE MIGLIORA MA NON CAMBIA MOLTO NONOSTANTE LE LIMITAZIONI IMPOSTE
L’Italia guadagna uno sgraditissimo podio europeo piazzandosi al terzo posto per quantità di emissioni di CO2 nel 2012 con 366 milioni di tonnellate prodotte. Fanno peggio soltanto la Germania, record di 728 milioni, e la Gran Bretagna, 472 milioni. A contribuire al pesante bilancio emissivo nazionale c’è anche la Sicilia, penalizzata dal comparto elettrico e dalle raffinerie.
Le buone notizie per l’Italia riguardano il taglio del 5,1 per cento delle emissioni rispetto al 2011, mentre Germania e Gran Bretagna sono stati tra i pochi paesi in Europa ad aver registrato aumenti emissivi, rispettivamente +0,9 per cento e +3,9 per cento. I dati sono giunti nei giorni scorsi dall’Eurostat che, secondo le prime stime, ha certificato per lo scorso anno un livello medio emissivo di CO2 in calo del 2,1 per cento rispetto al 2011. A marciare in direzione sostenibile sono stati 23 paesi su 27. Sulla lavagna dei cattivi, oltre Germania e Gran Bretagna, ci sono stati Malta (+6,3 per cento) e Lituania (+1,7 per cento). Il record in materia di politiche di riduzione delle emissioni è arrivato da Belgio e Finlandia (-11,8 per cento), e poi a seguire da Svezia (-10,1 per cento), Danimarca (-9,4 per cento), Cipro (-8,5 per cento), Bulgaria (-6,9 per cento), Slovacchia (-6,5 per cento), Repubblica ceca (-5,2 per cento) e Polonia (-5,1 per cento) che ha raggiunto il medesimo risultato dell’Italia.
La classifica dei paesi più inquinanti prosegue, dopo il trittico di testa, con Francia, Polonia e Spagna, rispettivamente con 332, 297 e 258 milioni di tonnellate. L’accidentato percorso di taglio delle emissioni prosegue a rilento, dopo che nel 2011 l’Ue aveva già ridotto le emissioni del 4,1 per cento rispetto al 2010, quasi il doppio del dato raggiunto nel 2012.
Anche in Sicilia, stando agli ultimi dati riportati sul monitoraggio ambientale Pears 2012 (Piano energetico ambientale Regione siciliana), le emissioni di CO2 hanno intrapreso un notevole percorso discendente. Dal 2008 al 2011 si è passati da 40.426 a 37 mila kt, che è stato il dato più basso del quadriennio 2008/2011. Un bel risultato anche in rapporto a quasi 49 mila kt censite nel 1990 dal Catasto Enea. A far registrare il miglior salto all’indietro in tema di emissioni di CO2 è stato il settore che riguarda le centrali elettriche, passato da 13.292 kt a 10.108 kt. Un miglioramento, seppur più lieve, si è registrato anche nel settore dei trasporti, passati da 9.424 a 9.076 kt, dove a pesare non è stata certamente la politica di mobilità sostenibile, ma la crisi e il caro benzina. Non perdono lo smalto, anzi lo accrescono, le raffinerie di Sicilia che tra il 2008 e il 2011 sono passate da 8.064 a 8.247 kt di CO2 all’anno, un dato che, seppur dimezzato rispetto alle 15 mila kt del 1990, lascia qualche dubbio in merito alle politiche di sostenibilità del comparto in Sicilia.
La distribuzione percentuale degli impianti inquinanti mette al primo posto le centrali elettriche (27 per cento), seguite dal settore dei trasporti (25 per cento) e dalle raffinerie (22 per cento). Meno incisivi i dati che riguardano industria (14 per cento), settore civile (6 per cento), e agricoltura e pesca (2 per cento). Al contrario l’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili all’interno del parco elettrico regionale hanno permesso di evitare 1.596,52 kt di CO2.

La crisi e le nuove leggi decisive per l’abbassamento delle emissioni
A incidere sul miglioramento delle performance ambientali dell’Isola, con particolare riferimento alle emissioni di CO2, hanno contribuito alcuni fattori puntualmente ribaditi dal dipartimento energia della Regione. “Le Raffinerie e le Centrali elettriche – si legge in una nota – hanno migliorato i processi con positivi effetti di riduzione delle emissioni inquinanti, a seguito del rilascio di autorizzazioni di competenza regionale (L. 55/2002, L. 239/2004, ecc.) e statale (D.lgs 152/2006)”. Diverso l’impatto delle riduzione nel settore dell’industria dove a incidere è stato il “minore utilizzo di fonti energetiche a causa della crisi economica”. Nel settore civile, invece, si è registrato un deciso aumento visto che si è passati da 2.084 kt del 2008 a 2.151 del 2011, un dato che supera anche i valori Enea del 1990 (1.681 kt). “Per il settore Civile – spiegano dal dipartimento – si rileva un aumento dei consumi da attribuire al positivo effetto della metanizzazione, incentivata in gran parte attraverso i programmi Pop 1994/1999, Por 2000/2006 e Apq Energia”. Nel settore dei trasporti, dove si sono verificati un miglioramento rispetto al 2008 e un netto peggioramento rispetto al 1990, è emerso “il benefico effetto di rinnovo del parco di autoveicoli regionale, che limita l’incremento delle emissioni inquinanti”.

ANALISI SUL RAPPORTO ENERGIA 2015
Il Rapporto energia, curato dall’Osservatorio regionale, ci consente di fare il punto sui fatti salienti che riguardano l’energia in Sicilia. Nel mese di dicembre si è tenuta a Parigi la conferenza delle Nazioni Unite sul Clima (COP21). I grandi della terra (150 capi di Stato e di governo), si sono riuniti a Bourget per discutere sul cambiamento climatico. L’obiettivo è quello di mantenere il riscaldamento globale sotto la soglia dei 2°C rispetto all’era preindustriale.
In Europa i nuovi obiettivi, contenuti nella roadmap 2050, passano dal nuovo pacchetto clima-energia al 2030 (40% di riduzione di gas serra rispetto al 1990, 27% di energia prodotta da fonte rinnovabile, 27% di incremento per l’efficienza energetica). I suddetti tre obiettivi sono tra loro collegati, infatti, all’aumentare della produzione di energia da fonte rinnovabile e degli interventi di efficienza energetica, conseguentemente, diminuiscono le emissioni di CO2 in atmosfera.
Patto dei Sindaci – L’attuazione delle politiche europee per l’energia e il clima investe tutti i livelli decisionali: locale, regionale, nazionale ed europeo. In tale contesto l’UE ha lanciato l’iniziativa “Patto dei Sindaci” nel 2009, in relazione alla quale le città firmatarie si impegnano a superare gli obiettivi fissati (per il 2020) a livello europeo.
L’alta adesione all’iniziativa, circa il 90% dei comuni dell’isola, rappresenta certamente un successo della Regione Siciliana, seconda solo alla Regione Andalusia fra i coordinatori del patto e quindi esempio di eccellenza in Europa.
Nei prossimi anni i comuni siciliani saranno chiamati a realizzare le azioni contenute nei Piani d’Azione per l’Energia Sostenibile (PAES), a fare efficienza energetica, ad utilizzare le fonti rinnovabili e a realizzare edifici a energia quasi zero, contestualmente, la Regione disporrà di una leva finanziaria (PO FESR 2014-2020) di circa 519,5 milioni di euro di aiuti comunitari.
Settore petrolifero – È il settore che risulta maggiormente in fibrillazione in Sicilia. Questa condizione è riconducibile sia al crollo dei consumi, indotto dalla crisi economica, sia alla distorta concorrenza delle raffinerie dei paesi extraeuropei, fortemente avvantaggiate dai più bassi costi dell’energia, della materia prima e da vincoli ambientali e sociali praticamente inesistenti. In Sicilia, nel primo semestre del 2015, si registra una forte contrazione delle esportazioni ascrivibile prevalentemente al settore dei prodotti petroliferi raffinati (-18,5%) che rappresentano quasi i tre quinti delle esportazioni totali regionali, incidendo in modo pesante sul PIL siciliano. L’export petrolifero è diminuito in termini nominali a causa della discesa dei prezzi del settore sui mercati internazionali e si è ridotto l’export dei prodotti raffinati verso i paesi dell’area dell’euro (-40,8%) e verso il continente africano (-37%). Abbiamo registrato, nei pozzi siciliani, un leggero incremento nelle estrazioni di greggio con un’incidenza del 20% sul quantitativo prodotto in Italia, considerando anche le coltivazioni offshore. La fiscalità sui prodotti petroliferi risulta ancora molto pesante, il prezzo di un litro di benzina, in Sicilia, è mediamente di 1,472 €, accise e IVA incidono per circa il 60% sul prezzo finale.
Gas naturale – La copertura del fabbisogno di gas naturale, nell’isola, continua ad essere alimentata dalle importazioni, tuttavia è da sottolineare una forte riduzione di gas importato nel periodo compreso tra il 2012 e il 2014, rispettivamente, da 27 milioni di metri cubi di gas importato a 13 milioni di metri cubi con una contrazione in percentuale del 51,8 %. In Sicilia si continua a consumare circa 4 milioni di metri cubi di gas naturale, di cui il 60% è utilizzato per la produzione di energia elettrica mentre la restante parte per gli usi finali negli altri settori.
Energia elettrica – Continua il decremento nei consumi di energia elettrica in contrazione in tutti i settori a seguito di una diminuzione della domanda, verosimilmente legata alla persistente crisi economica. La potenza netta di energia elettrica installata in Sicilia è di 9.200 MW di cui ben 5.439 in centrali termoelettriche, 1.743 in impianti eolici, 1.294 in fotovoltaici e 722 in idroelettrici. La produzione è di 22.536 GWh di cui 17.249 da centrali termoelettriche, 2.922 da fonte eolica, 1.893 da fonte fotovoltaica e 471 da fonte idroelettrica. I consumi sono stati di 19.790 GWh con un saldo in uscita di 1.492 GWh. Anche quest’anno la Sicilia gioca il ruolo di esportatrice netta di energia elettrica. Poiché il 21,5 % di energia rinnovabile immessa in rete non è programmabile, essa, non coincide con le specifiche richieste dei consumatori. Per tale ragione il sistema deve essere gestito in esportazione con le centrali termoelettriche sempre accese e con costi di gestione rilevanti. Tali circostanze richiedono consistenti opere di rinforzo della rete e l’interconnessione al Continente.
Fonti rinnovabili e Burden Sharing – La produzione da fonti energetiche rinnovabili mostra un leggero incremento rispetto al 2013 passando da 5.127,9 GWh a 5.221,3GWh. Sulle rinnovabili nel 2015 si registra un forte interesse per le tecnologie correlate al solare termodinamico. Con l’approvazione del Decreto 11 maggio 2015 del Ministero dello Sviluppo economico, il GSE e l’Enea hanno fornito i primi dati che concorrono alla verifica del grado di raggiungimento degli obiettivi regionali di consumo di energia da fonti rinnovabili, fissati dal DM 15/3/2012 cosiddetto “burden sharing”, alla Regione Siciliana, com’è noto, è stato attribuito un obiettivo finale pari al 15,9% (al 2020) di consumo da fonti energetiche rinnovabili sul consumo finale lordo, obiettivo, che dovrà essere raggiunto passando da obiettivi intermedi: 7,0 % al 2012, 8,8% al 2014, 10,8% al 2016 e 13,1% al 2018.
Dalle analisi effettuate risulta che l’obiettivo intermedio del 7% al 2012 è stato raggiunto, rilevandosi una percentuale del 9,6 %. Ciò nonostante, da una lettura più attenta, si evince che la Sicilia ha la minor crescita di energia da fonti rinnovabili rispetto alle altre regioni. Infatti confrontando i dati con le altre regioni, la Sicilia si colloca al quartultimo posto, molto al di sotto della media nazionale.
Tale rallentamento risulta particolarmente evidente nel periodo 2012-2014 per via delle modifiche che hanno interessato i sistemi di incentivazione nazionali sulle tecnologie rinnovabili per la produzione di energia elettrica e dei numerosi interventi regionali in materia.
Certificazione energetica – Nelle costruzioni, infine, l’attività produttiva ha continuato a contrarsi, ma la fase recessiva risulta in attenuazione e nel mercato immobiliare si conferma la ripresa delle compravendite residenziali, iniziata nell’anno precedente. Comunque è pur sempre evidente che gli edifici risultano prevalentemente a bassa efficienza energetica e i dati siciliani confermano tale condizione. Dagli attestati depositati nel catasto regionale (Cefa) risulta che dei circa 268.000 edifici certificati oltre il 74% è a bassa efficienza energetica.

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