Salvataggi, illusioni e realtÃ

I leader europei hanno preso tre decisioni a Bruxelles: imporre una perdita del 50% sul debito greco detenuto da privati, ricapitalizzare le banche e aumentare la potenza di fuoco del fondo salva-Stati, portandola (secondo un’interpretazione diffusa) a 1.400 miliardi. I mercati hanno reagito con un’euforia comprensibile. Ma mentre i primi due provvedimenti erano largamente attesi, il terzo è basato in parte su un equivoco, a tal punto che, come ha scritto Der Spiegel, non è chiaro se i parlamentari tedeschi si rendessero conto di cosa esattamente stavano votando mercoledì.

Il fondo salva-Stati è il nodo cruciale: da esso dipendono cosa succederà alla mina vagante d’Europa, il debito italiano e anche, in parte, il successo della ricapitalizzazione delle banche. In questo momento la dotazione del fondo salva-Stati è di 440 miliardi; di questi, circa 140 miliardi sono impegnati per Irlanda, Portogallo e Grecia (ammesso che l’haircut imposto ai creditori privati sia sufficiente).

Rimangono, al più, 300 miliardi, e tali resteranno, perché il Parlamento tedesco ha proibito di aumentare la partecipazione della Germania.

Da cosa viene dunque l’annunciato aumento della potenza di fuoco del fondo salva Stati? Da un effetto leva, si dice. In una prima proposta, i 300 miliardi residui del fondo verrebbero utilizzati, attraverso un meccanismo complesso, per assicurare il primo 20% di perdite sul debito sovrano acquistato da privati. Questi potrebbero così acquistare 1.500 miliardi di titoli in sicurezza, ammesso che la perdita non superi il 20 per cento. Questo è uno strumento efficace per un problema di liquidità, cioè se un’asta va male per un attacco di pessimismo collettivo dei mercati: la garanzia riduce la probabilità di un tale evento, mentre il fondo salva Stati nella sua formulazione attuale non è abbastanza flessibile.

Ma se il problema è di solvibilità, come molti temono e come è stato il caso della Grecia, allora non c’è una sostanziale differenza fra il fondo salva Stati attuale e la nuova formula. Se domani lo Stato italiano dovesse annunciare di poter pagare solo l’80% del debito di 1.500 miliardi, la garanzia del fondo pagherà i 300 miliardi restanti e i privati non ci rimetteranno niente. Nella formula attuale il fondo presta a Stati in difficoltà; potrebbe dunque prestare (di fatto, a fondo perduto) 300 miliardi al governo italiano, che li utilizzerà per pagare gli interi 1.500 miliardi. Il risultato è lo stesso, un trasferimento dal fondo salva Stati ai creditori dell’Italia. La nuova formula crea differenze fra i creditori garantiti e quelli non garantiti, ma nell’aggregato il risultato è all’incirca lo stesso.

Il motivo è semplice: se c’è un problema di solvibilità, vuol dire che le tasse future non sono sufficienti a ripagare l’intero valore facciale del debito. L’unico modo per evitare un haircut sul debito è farsi regalare i soldi mancanti: che sia sotto forma di garanzia, prestito a fondo perduto, o regalo tout court è meno importante. Ma non c’è modo di moltiplicare il regalo: in questo momento è al massimo di 300 miliardi, e tale resterà. Non c’è dunque una leva in questa proposta.

La seconda proposta per fare leva è di creare dei veicoli speciali con contributi da privati, Fmi e Cina. Sembra che anche questi veicoli usufruiranno di qualche garanzia del fondo salva Stati, e potranno poi emettere proprio debito. Solo in quest’ultimo dettaglio nascosto sta il possibile effetto leva. Ma l’intera operazione è molto incerta. Ovviamente, i privati possono già comprare debito sovrano europeo. Il contributo dell’Fmi sarà limitato, sia per motivi politici, sia perché in ogni caso sarebbero soldi provenienti in gran parte dall’Europa stessa, che dopo gli Usa è la maggior contribuente dell’Fmi. Gli unici soldi veri potrebbero arrivare dalla Cina. E la garanzia fornita dal fondo salva Stati diluirebbe ulteriormente gli usi possibili dei 300 miliardi che gli rimangono.

Il problema però è ancora più complicato, perché il fondo salva Stati dovrebbe essere anche utilizzato per ricapitalizzare le banche nel caso queste non vogliano o non possano farlo da sole. Ciò ridurrebbe ulteriormente le risorse disponibili per tutti gli altri usi di cui sopra.

L’idea che qualche alchimia finanziaria possa moltiplicare magicamente 300 miliardi è un’illusione pericolosa. La realtà è che ora, come prima (e aspettando la Cina), ci sono sempre e solo 300 miliardi per proteggere l’Europa dal rischio di insolvenza di Italia e Spagna.

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