Reportage da Termini Imerese dove gli operai vanno in chiesa per scioperare e vincere la paura

Arrivano quasi alla spicciolata in chiesa, in questo tempio che è diventato sede di assemblee e base di lotta. La Chiesa della Gancia, nel cuore della parte alta di Termini Imerese, è un edificio quattrocentesco che risente parecchio degli interventi successivi.

Qui si è svolta l’assemblea servita a fare il punto e a pianificare la manifestazione che va in scena stamattina per le strade della città: coinvolti gli operai dell’area Fiat termitana ma anche i cittadini dei comuni del circondario e delle Madonie. Quello che si prospetta, per i cittadini di quest’area e per quelli di Termini in particolare è un primo maggio di timori e paure, soprattutto alla luce delle notizie ritenute non rassicuranti sulla capacità dei molisani di Dr Motor di affrontare l’investimento previsto per sostituirsi alla Fiat nella produzione di automobili. C’è stanchezza e delusione per la mancanza di prospettiva: il sindaco Totò Burrafato ha annunciato che sarà cambiato il nome alla strada intitolata a Gianni Agnelli nell’area industriale: si chiamerà Via Primo maggio e chiuderà il rapporto con la famiglia Agnelli. Per sempre.

Quello che si prospetta, al di là di come andrà la manifestazione di oggi, è un Primo maggio di protesta: previsto un picchetto davanti ai cancelli dello stabilimento Fiat. Dice il sindaco: La situazione è molto difficile. L’unica soluzione secondo noi è che il governo nazionale metta le risorse. Il primo cittadino si fa portavoce di un malessere diffuso, di un timore incombente nelle famiglie: tra chi lavorava in Fiat e tra chi lavorava in altre aziende che stentano o cominciano a chiudere. C’è la sensazione – dice padre Francesco Anfuso, il parroco di termini schierato a sostegno degli operai e della lotta della comunità – che la città si senta presa in giro.

La situazione è drammatica: parecchi commercianti sono sull’orlo del suicidio: c’è chi ha un po’ di dignità e si sente inutile e vorrebbe farla finita. Fino altra sera sono stato fino alle due di notte a convincere un piccolo imprenditore che voleva spararsi. Le banche si sono prese tutto. Troppe incertezze non aiutano e così non arrivano nuovi investimenti: paralizzata l’area industriale e paralizzata un’intera economia che dall’area industriale traeva linfa vitale. Ci sono certo i problemi di oggi ma lo sguardo si allunga sul domani dei 2.200 lavoratori ex Fiat su cui anche la riforma del mercato del lavoro potrebbe avere effetti, soprattutto con la fine della Cassa integrazione guadagni nella versione attuale: Noi – dice a nome di tutte e tre le sigle sindacali Roberto Mastrosimone della Cgil (sono presenti anche Cisl e Uil) – temiamo che al 31 dicembre questa esperienza si possa chiudere con il licenziamento di 2.200 persone.

E torna nei discorsi di tutti la parola lotta con un richiamo alle manifestazioni del 2002, anno in cui la protesta contro la chiusura della Fiat fu veramente aspra: Ripartire dal 2002 sembra essere la parola d’ordine di oggi. Se non si concretizza il prepensionamento – dice Mastrosimone – i lavoratori per i quali era previsto andranno a casa. Senza pensione e senza stipendio. Ecco perché in molti chiedono di fare presto e di fare ciò che intanto è possibile fare: per esempio cominciare a fare le infrastrutture previste in un accordo di programma firmato l’anno scorso. Partirebbero investimenti per 150 milioni e consentirebbero di fare quegli interventi che lo stesso Marchionne, prima di decidere di abbandonare l’area, aveva chiesto che fossero fatti: A dicembre finirà la Cig e non vi saranno deroge – dice Mario Filippello, segretario regionale della Cna -. credo che sia necessario cominciare a fare le cose che si possono fare subito: i lavori previsti nell’accordo di programma. E poi andare a Palermo o addirittura a Roma per chiedere e ottenere una soluzione.

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