La relazione approvata oggi dalla Commissione Parlamentare Antimafia dell’ARS ha avuto, quale principale obiettivo, ripercorrere attraverso un meticoloso lavoro d’indagine le fragilità più significative che – in nome della perdurante emergenza – ha collezionato il ciclo dei rifiuti in Sicilia negli ultimi due decenni.
Il risultato, a margine delle cinquantadue audizioni svolte e della notevole mole di documenti consultati ed acquisiti (sentenze della magistratura ordinaria ed amministrativa, inchieste delle varie D.D.A. siciliane, relazioni delle Commissioni bicamerali d’inchiesta, l’ultimo rapporto semestrale della D.I.A.), è un quadro opaco e a tratti imbarazzante: l’accordo “a tavolino” dei raggruppamenti aggiudicatari della convenzione per la realizzazione dei termovalorizzatori voluti da Cuffaro; la stagione delle generose autorizzazioni rilasciate in favore dell’impiantistica privata durante i governi successivi; le molte anomalie che hanno caratterizzato i relativi iter autorizzativi; le interferenze pubbliche e private; la pervasività della criminalità organizzata; il ricordo d’abitudine agli affidamenti diretti negli enti locali; l’aumento significativo delle pratiche corruttive sanzionate dall’autorità giudiziaria (per ultima, la sentenza di condanna nei confronti di un funzionario regionale, l’architetto Cannova, e di alcuni imprenditori del settore, tra i quali l’ex patron dell’Oikos S.p.A., Domenico Proto).
Emerge una governance troppo spesso “ostaggio di un gruppo di imprenditori che hanno rallentato, anche per responsabilità di una politica compiacente, ogni progetto di riforma che puntasse a un’impiantistica pubblica”. (cfr. pag.3).
Presidenti e assessori che per vent’anni, con pochissime eccezioni, hanno abdicato alla loro funzione di indirizzo politico, rendendosi disponibili ad un sistema di interferenze e di sollecitazioni che “ricordano – per modalità e per il ricorrere talvolta degli stessi protagonisti – le vicende legate al cd. sistema Montante” (cfr. pag.172).
Altrettanto debole e permeabile la stessa funzione amministrativa della Regione, costretta ad una sorta di vassallaggio “con procedimenti sensibili di cui pochi o nessuno avevano contezza, dirigenti delegati solo ad apporre la loro firmetta, giunte di governo spesso distratte o condizionate da presenze istituzionali esterne alla Regione” (cfr. pag.172). Emblematica la testimonianza dell’ex dirigente generale del Dipartimento Ambiente, Sergio Gelardi, che ha candidamente ammesso nel corso della sua audizione: “Non ero adeguato ed ero stato messo in quanto soggetto inadeguato” (cfr. pag.65).
L’esito è stato quello d’aver conservato la centralità del conferimento in discarica come punto d’arrivo obbligato dell’intero ciclo, garantendo ai pochi proprietari delle poche piattaforme private altissimi margini di profitto.
A tutto ciò si somma una preoccupazione che, senza riserve, la Commissione Parlamentare Antimafia ha ritenuto opportuno rendere manifesta su un uso “disinvolto e strumentale” dello scioglimento dei consigli comunali, ritenendo che, in talune circostanze (come nel caso di Scicli, ad esempio), sia “oggettivamente servito a rimuovere, assieme alle amministrazioni comunali, le posizioni contrarie che quelle amministrazioni avevano formalizzato sulla ventilata apertura o sull’ampliamento di piattaforme private per lo smaltimento dei rifiuti” (cfr. pag.91).
La relazione ha voluto offrire una lettura critica, ed assolutamente inedita, anche sui metodi e i criteri di affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti urbani. Sono stati raccolti e messi a confronto tra loro i dati di 381 comuni (sui 390 della Sicilia) forniti dall’assessorato regionale competente, dagli uffici UREGA e dalle stesse amministrazioni comunali.
Nelle conclusioni, la Relazione esprime un’urgenza, e cioè che “occorre rendere la gestione del ciclo dei rifiuti in Sicilia una risorsa produttiva ed economica ed al tempo stesso un’occasione di dignità civile collettiva”, ribadendo che per farlo è necessaria “una risposta delle istituzioni e della politica rapida, alta e ferma alle pratiche corruttive, al prevalere degli interessi privati, a certe inerzie della funzione amministrativa” (cfr. pag.173).
L’auspicio, infine, è quello di dotarsi di una governance pubblica “in grado di individuare e realizzare tutte quelle condizioni tecniche, logistiche ed organizzative che consentano di adeguare le modalità di erogazione dei servizi di igiene urbana ed ambientale agli standard europei, uscendo dalla logica emergenziale e dalla ricerca di soluzioni di corto respiro”, una logica che finora, così come scritto dalla Commissione, ha finito “per svilire qualsivoglia aspetto programmatico o per favorirne il repentino accantonamento”.







