Prosciolti cinque sanitari difesi dagli avvocati Minà e Costantino

di Giuseppe Spallino
Fonte GdS

Era stato denunciato come un caso di malasanità. E invece i membri di un’intera equipe sanitaria dell’ospedale «Giuseppe Giglio» di Cefalù sono stati prosciolti dall’accusa di omicidio colposo. Alla fine dell’udienza, svolta al Tribunale di Termini Imerese, è emerso che Sergio Bagnato e Silvia Rizzo, rispettivamente medico e infermiera di turno al momento del fatto, nonché Cristiano Lo Monaco (coordinatore infermieristico), Francesca Rubino (responsabile medico del reparto riabilitazione) e Giuseppe Galardi (primario dell’unità operativa di riabilitazione) non hanno colpe per la morte di una paziente 76enne, Benedetta Dragotta di Caronia.
Quindi il gip Stefania Gallì ha disposto l’archiviazione del procedimento.
L’inchiesta giudiziaria è stata avviata a seguito della denuncia presentata alla stazione dei carabinieri di Cefalù da Calogero Biagio Cuffari, figlio della donna che è morta, il 19 giugno 2015, mentre era in cura presso il reparto riabilitazione del «Giglio». «Mia madre -ha dichiarato l’uomo ai militari -era sofferente di cuore, tant’è che, il 27 marzo, è stata sottoposta ad un intervento cardiochirurgico a Palermo. E il 28 maggio successivo è stata trasferita all’ospedale di Ce-falù per la relativa riabilitazione».
Quindi ha descritto quanto avrebbe visto il giorno in cui è avvenuto il fatto: «Alle ore 18,15 circa, mentre mi accingevo a tornare da mia madre, ho sentito due suoni di allarme. Intuendo che quei suoni provenissero dalla stanza di mia madre, aumentavo il passo ed entravo nella sua camera, notando subito che aveva la maschera del ventilatore ancora messa e il relativo tubo staccato. Dopo alcuni minuti sopraggiungevano due medici, i quali, dopo aver tentato di rianimare mia madre con un defibrillatore e un massaggio cardiaco manuale, mi hanno comunicato che non c’era stato niente da fare».
L’attività investigativa, condotta dai carabinieri sotto il coordinamento del sostituto procuratore Guido Schininà, ha portato all’individuazione dei componenti dell’equipe sanitaria che aveva in cura la donna prima del decesso, sanitari che, come atto dovuto, sono stati iscritti nel registro degli indagati per omicidio colposo. Successivamente la Procura di Termini Imerese ha nominato consulenti tecnici i medici e docenti universitari Francesco Di Gesù, Azzurra Rizzo e Nunzia Albano, i quali, alla fine del loro lavoro, hanno sostenuto che «nessuna certezza (ovvero alto grado di probabilità) questi consulenti ritengano sia possibile attribuire al momentaneo distacco del tubicino vettore di ossigeno».
Una conclusione che il pm Schininà ha condiviso chiedendo l’archiviazione del caso, a cui in un primo momento si è opposta la parte civile. Quindi all’udienza, nel contraddittorio delle parti, il gip Gallì ha prosciolto medici e infermieri poiché «non emerge alcun elemento per poter ritenere che gli indagati si siano resi responsabili».
«Il lavoro dei consulenti del pubblico ministero – affermano gli avvocati Francesco Costantino e Giuseppe Minà – ha consentito di chiarire che il decesso della donna non era certamente riconducibile alla condotta dell’equipe sanitaria, il cui intervento è risultato assolutamente diligente e coerente e conforme alle linee guida dei protocolli scientifici più accreditati. Infatti la Fondazione “Giglio” è sempre molto attenta nel controllo e nell’applicazione dei protocolli».

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