OPERAZIONE VELENO COLPISCE DIRIGENTI ENEL. RIFIUTI TOSSICI DIVENTAVANO MATTONI

OPERAZIONE VELENO COLPISCE DIRIGENTI ENEL. RIFIUTI TOSSICI DIVENTANO MATTONI / nascosti in Calabria anche i fanghi carbone della centrale Enel Federico II di Brindisi Cerano, scarti industriali velenosi provenienti da centrali di Puglia e Sicilia. 18 indagati. Ultime notizie Vibo Valentia – Operazione Poison. «Veleno». Veleno come quello che ha scoperto, al termine di una lunga indagine, il comando provinciale della Guardia di finanza con il coordinamento del procuratore Mario Spagnuolo. Un mostro di veleno: 135mila tonnellate di rifiuti tossici stoccati nel sito industriale dismesso della Fornace tranquilla srl, a San Calogero. Scarti industriali provenienti dalla Puglia e dalla Sicilia, dirottati nel Vibonese da una presunta associazione a delinquere, sulla quale il capitano Luca Bonatesta ed i finanzieri della Compagnia di Vibo Valentia avevano iniziato ad indagare sin dal novembre del 2009. Le fiamme gialle, dopo aver individuato il sito, una spianata trasformatasi in montagna, hanno avviato un’attività – col supporto di un pool di consulenti tecnici – che ha chiarito come quei fanghi industriali contenessero elevate percentuali di nichel, selenio, vanadio, stagno, solfuri, fluoruri e cloruri, destinati a disperdersi sia nel suolo che per via aerea.Indagati cinque dirigenti della centrale Enel Federico II di Brindisi (Calogero Sanfilippo, Luciano Pistillo, Carlo Aiello, Diego Baio e Giuseppe Incampo), il legale rappresentante della Fornace Tranquilla srl (Umberto Acquistapace) unitamente ai suoi dipendenti (Francesco Pontoriero, Angelo Vangeli, Giuseppe e Stefano Romeo), quindi i legali rappresentanti delle imprese che hanno proceduto dal trasporto dei rifiuti tossici (Vito Sabatelli, Antonio Roma, Angelo Ippolito, Giuseppe Marraffa, Vito Sacco, Rocco Aversa). Sul registro della Procura anche due funzionari dell’Amministrazione provinciale di Vibo Valentia (Giuseppe De Seta e Teresa Vavelà), che con presunte false attestazioni avrebbero favorito lo stoccaggio ed il sotterramento degli scarti industriali ad alta concentrazione di metalli pesanti nel sito di San Calogero.Gli inquirenti, inoltre, hanno scoperto come quegli stessi rifiuti provenissero – «fra l’altro», annotano – dalle centrali termoelettriche di Brindisi, Priolo Gargallo (Siracusa) e Termini Imerese (Palermo). L’inchiesta decollò quando, alla scoperta del sito, venne arrestato Giuseppe Romeo. Interrogato, unitamente ad altri indagati, fu lui a riferire – «falsamente», sostengono gli inquirenti – del «recupero mai avvenuto dei rifiuti pericolosi che, di volta in volta, venivano inviati in agro di San Calogero a ridosso di coltivazioni ad agrumi, ed ivi pericolosamente interrati». Sarebbero stati destinati ad essere riciclati per fabbricare mattoni utilizzati nell’edilizia.Due anni dopo la Procura chiude il cerchio sull’intera filiera: dalla sorgente alla foce, vettori compresi. E dietro vi sarebbe un giro d’affari per «svariati milioni di euro». Anzi, il valore del vilipendio di un’area di circa 100mila metri quadri, si aggira a «più di 18 milioni di euro», perché tanto – alle centrali Enel di Brindisi, Priolo Gargallo e Termini Imerese – sarebbe costato il «regolare smaltimento, in sicurezza, a termini di legge».Un prezzo che si alimenta visti i provvedimenti che, ad indagini ancora in corso, il prefetto di Vibo Valentia Luisa Latella, dovette assumere: con una sua ordinanza, sin dal 21 luglio 2010, ha imposto di procedere all’immediata distruzione dei prodotti agricoli coltivati nelle immediate vicinanze dell’area interessata vietandone il consumo e la commercializzazione.I reati contestati vanno dall’associazione a delinquere, finalizzata al traffico e all’illecito smaltimento di oltre 135.000 tonnellate di rifiuti pericolosi, al disastro ambientale con conseguente pericolo per l’incolumità pubblica, dall’avvelenamento di acque e di sostanze alimentari alla falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale e alla falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, nonché dalla attività di gestione dei rifiuti non autorizzata, alle attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti. Tutti contestati in concorso tra gli indagati. E come se tutto ciò non bastasse, la Guardia di finanza ha messo sott’inchiesta gli amministratori della Fornace Tranquilla srl per un’evasione fiscale – visto il mancato pagamento del tributo per il deposito in discarica dei rifiuti solidi – pari a 1.400.000 euro.

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