Nove persone sono state arrestate dai carabinieri con l’accusa di associazione mafiosa ed estorsione. In carcere sono finiti dei presunti affiliati al mandamento mafioso di Caccamo, definito da Giovanni falcone la «Svizzera di Cosa Nostra». L’operazione, denominata in codice «Camaleonte 3», costituisce la naturale prosecuzione delle indagini condotte a partire dal 2004 dai carabinieri del Gruppo di Monreale, sull’attività delle cosche. L’indagine rappresenta la prosecuzione delle operazioni «Camaleonte 1 e 2». L’azione investigativa si innesta alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia: Fabrizio Iannolino e Francesco Paolo Balistreri. II vuoto di potere mafioso determinato dall’ondata di arresti di capi e gregari a seguito delle collaborazioni di Antonino Giuffrè e Carmela Rosalia Iuculano, ha generato molta confusione sia al vertice delle diverse zone che nel sistema delle alleanze mafiose.
In questo contesto opera e si impone Iannolino, tra il 2004 e il 2005, titolare del bar Stancampiano di Palermo. L’emergente riceve l’incarico da Benedetto Graviano (della famigerata cosca palermitana di Brancaccio) di riorganizzare l’attività estorsiva di Cosa nostra a Termini Imerese e Trabia. Verso la fine del 2004, a Termini Imerese è presente un personaggio legato a Cosa nostra, Santi Balsamo, già condannato in via definitiva per mafia, mentre a Trabia opera un gruppo di soggetti capeggiati da Salvatore La Barbera, imprenditore legato a «Cosa Nostra» anch’egli già condannato. L’incarico che Graviano affida ad Iannolino è quello di mettere ordine nella zona, scalzando Balsamo e La Barbera, cosa che gli riesce, sia pure con qualche difficoltà. Iannolino si serve di due fidati palermitani, Alfonso Riccio e Francesco Paolo Balistreri, che mettono insieme un gruppo tra cui figurano le persone arrestate oggi: Cosimo Serio, Leonardo Monastero, Paolotto Piazza, Agostino Scarcipino Pattarello; mentre utilizza il gruppo di persone facente capo a La Barbera, già attivo a Trabia. Un uomo di Iannolino, nell’aprile 2009, decise di collaborare con la giustizia. Un mese dopo, anche Iannolino fece la stessa scelta.
I provvedimenti sono stati emessi dal Gip Pier Giorgio Morosini; l’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia è stata condotta dal Procuratore aggiunto Vittorio Teresi e dai sostituti Lia Sava e Caterina Malagoli.
Il Generale Teo Luzi, Comandante Provinciale dei Carabinieri di Palermo fa nuovamente un appello a tutti i commercianti e imprenditori a denunciare le estorsioni:
L’operazione antimafia di questa mattina condotta a Termini Imerese dal Gruppo Carabinieri di Monreale èun’ulteriore dimostrazione di come oramai convenga denunciare il pizzo. Icarabinieri e le altre forze di polizia hanno maturato una rilevante capacitàinvestigativa e di tutela di coloro che denunciano. Oggi esistono delle normeche favoriscono ogni tutela personale e dei beni e che offrono incentivi economicida parte dello Stato a favore di coloro che decidono di denunciare. I ripetuticolpi inferti a cosa nostra, dimostrano che il momento storico in cui viviamo èassolutamente favorevole per uscire dalla morsa del racket. Non conviene pagareil pizzo e questo non è solo una questione etica ma anche un problemaeconomico. Cosa nostra non è sconfitta ma certamente è in crisi. Invitiamo gliimprenditori ad aver fiducia delle loro Forze di Polizia e della Magistraturae di affidarsi alla protezione delle istituzioni. I commercianti devonocomprenderlo ed aiutarci nel contrasto alla criminalità. Oggi gli imprenditoriche hanno fatto questa scelta sono diverse decine: rivolgiamo quindi nuovamentel’appello a tutti coloro che continuano a pagare il pizzo, e che quindine sono le vere vittime, a recarsi presso gli uffici di polizia per denunciarecasi d’intimidazione. Nessuno si deve sentire escluso. Assieme possiamofarcela.