La Procura della Repubblica di Catania ha chiuso le indagini dell’inchiesta Iblis, su Cosa nostra etnea e su presunti rapporti tra mafia, politica e imprenditori. Complessivamente sono 56 gli indagati per i quali le indagini sono considerate chiuse. Tra loro, con l’ipotesi di reato di concorso esterno all’associazione mafiosa, ci sono il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, e suo fratello Angelo, che è parlamentare nazionale del Mpa. Tra gli indagati ci sono anche il deputato regionale del Pid ed ex sindaco di Palagonia, Fausto Fagone, per il quale la Cassazione ha rigettato ieri una richiesta di scarcerazione; il consigliere della Provincia di Catania dell’Udc, ma prossimo a passare al Pid, Antonino Sangiorgi; l’ex assessore del Comune di Ramacca, Giuseppe Tomasello; il consigliere dello stesso Ente, Francesco Ilardi e il deputato regionale ex Pdl Sicilia e adesso Gruppo misto, Giovanni Cristaudo.
Tutti gli indagati hanno 20 giorni di tempo, dal momento della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, per presentare memorie, produrre documenti, chiedere ai magistrati ulteriori atti di indagine, presentarsi per rilasciare dichiarazioni o chiedere di essere interrogati. A conclusione dei termini la Procura valuterà ciascuna posizione per decidere se chiedere, per ogni indagato, l’archiviazione o il rinvio a giudizio. La valutazione poi spetterà al Gip. L’avviso di conclusione indagini è stato firmato dai sostituti della Dda della Procura di Catania, Giuseppe Gennaro, Agata Santonocito, Antonino Fanara e Iole Boscarino. Ma in Procura si sottolinea che è una procedura abituale e che non c’é alcuna ‘spaccatura’ ma unità di intenti.
Nel fascicolo confluiscono le indagini dei carabinieri del Ros di Catania, culminata con decine di arresti nella notte tra il 2 e il 3 novembre 2010. E’ una Cosa nostra moderna quella svelata dall’inchiesta Iblis – il nome del Diavolo in arabo – che si insinua negli appalti prima che vengano decisi, che si fa imprenditrice con uomini propri e che usa ed è utilizzata da aziende che prima sono vittime, poi si servono della mafia per ottenere altri appalti. E per questo avrebbe cercato di avvicinare, tramite un ‘colletto bianco’, il geologo Giovanni Barbagallo, anche i vertici del Mpa: il governatore Raffaele Lombardo e suo fratello Angelo, deputato nazionale. Le indagini del Ros erano sui boss della famiglia Santapaola e Ercolano. Ascoltando loro luogotenenti emergono anche contatti con imprenditori e i politici.
Gli affari della mafia, secondo l’indagine Iblis, erano diversificati: dall’eolico-fotovoltaico al commercio, dalla metanizzazione al comporto edile, senza dimenticare i supermercati. Gli imprenditori si sarebbero aggiudicati appalti o subappalti attraverso un circuito di ‘ditte amiche’. I boss chiedevano una percentuale del 2-3% sull’importo dei lavori. Per la Dda di Catania, ai vertici dell’organizzazione vi erano Giuseppe Ercolano, Vincenzo Aiello e Vincenzo Santapaola. Ma l’operazione Ibis ha colpito anche il ‘cuore economico’ della cosca, con il sequestro di 105 imprese e di beni per circa 400 milioni di euro. I boss catanesi erano in contatto anche con i capimafia palermitani Salvatore e Sandro Lo Piccolo per la riscossione del ‘pizzo’, come sarebbe emerso per la ‘messa a posto’ di aziende nella discarica di Bellolampo e per l’avvio di un supermercato a Agrigento.
Finalmente il deposito degli atti! Potrò così dare puntualmente conto di ogni mio comportamento e dimostrare la mia assoluta estraneità a ogni ipotesi di reato: così il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, commenta la chiusura delle indagini dell’inchiesta Iblis da parte della Procura di Catania. La scelta dei titolari dell’indagine di depositare gli atti che mi riguardano – aggiunge il governatore – pone fine allo stillicidio di notizie, sulla cui ‘fuga’ sono state avviate indagini, strumentalizzate più d’una volta a fini politici, anche per la modalità di diffusione troppe volte coincidente con momenti delicati della vita politica e istituzionale della nostra Regione. Ho chiesto reiteratamente e invano, sin da quando la stampa ha iniziato a raccontare questa storia, di essere sentito – ricorda Raffaele Lombardo – e sinora ho potuto rendere conto soltanto all’opinione pubblica. Da oggi – conclude il presidente della Regione Siciliana – disporrò di elementi certi e potrò contribuire a ricostruire compiutamente la verità.