Monete e reperti archeologici contenuti all’interno del sito archeologico di Himera sono stati sottratti furtivamente mercoledì notte da tre «tombaroli». Il sito imerese, esteso per diverse decine di ettari di superficie, rappresenta una delle aree più importanti della Sicilia per quanto riguarda la storia e l’archeologia della colonizzazione greca.
Nell’ambito di mirati controlli espletati a livello provinciale per il controllo del territorio, questa mattina, sul tratto autostradale Palermo/Catania (all’altezza dell’area di servizio di Scillato), i tre tombaroli sono stati tratti in arresto dai finanzieri della Compagnia di Termini Imerese che hanno recuperato monete ed altri reperti antichi, poco prima trafugati all’interno del sito di Himera che costituisce una delle aree più importanti della Sicilia per quanto riguarda la storia e l’archeologia della colonizzazione greca.
L’indagine dei militari, guidati dal Maggiore Antonio Squillacioti, è scattata dopo una serie di controlli predisposti nelle immediate vicinanze del Museo Antiquarium di Himera – un’area molto estesa – dove insistono numerosi siti archeologici ufficiali sottoposti a specifico vincolo di destinazione.
In particolare, una pattuglia in servizio di controllo del territorio, insospettita dalla presenza di una vecchia autovettura – del tipo fiat uno – parcheggiata nelle vicinanze del citato Museo, decideva di risalire al suo proprietario che risultava essere un soggetto della provincia di Catania ma con specifici precedenti in materia di furti di materiale archeologico.
Non potendo abbandonare neanche per un secondo l’obiettivo, i militari si appostavano nella zona per tutta la notte e, servendosi di binocoli a raggi infrarossi, riuscivano ad osservare, a distanza, il commando composto da tre uomini che venivano bloccati all’alba con la preziosa refurtiva.
All’interno della vecchia auto un piccolo museo clandestino e tutta l’attrezzatura necessaria per svolgere gli scavi abusivi: quattro monete greche, una delle quali della zecca di Akragas – probabilmente un Hemilitron (sei once) con i tipi dell’aquila e del granchio; quattro punte di freccia di bronzo a sezione triangolare, presumibilmente utilizzate durante le battaglie con le colonie vicine.
Poi, abilmente occultati tra il pannello e la carrozzeria lato passeggeri posteriore: quattro bastoni di legno; una pala, ancora sporca di terra rossiccia tipica del luogo; un metaldetector con amplificatore dei suoni e due cuffie; due picconi ed alcune lampade tascabili.
Nel corso delle operazioni, con l’ausilio di personale della Soprintendenza ai Beni Culturali e Archeologici e del Museo Antiquarium, è stata individuata l’esatta ubicazione dell’area dove sono state effettuate le escavazioni abusive, in totale una decina, area sulla quale il magistrato inquirente ha predisposto ulteriori accertamenti e immediati rilievi fotografici.
I tre tombaroli, tutti della provincia di Catania, di mezza età, di professione muratori (attualmente disoccupati), nella flagranza del reato, sono stati tratti in arresto e tradotti nella casa circondariale di Termini Imerese, per il reato di impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato – cosiddetto furto archeologico – , previsto e punito dall’articolo 176 del decreto legislativo nr. 42 del 2004 (codice dei beni culturali e del paesaggio), che prevede la reclusione fino a tre anni e la multa fino ad euro 516,50.
Al momento, così come riferito dal Dott. Stefano Vassallo, dirigente archeologo della Soprintendenza ai Beni Culturali e Archeologici di Palermo, è impossibile calcolare il prezzo che avrebbero raggiunto i reperti sul mercato clandestino ma si parla, comunque, di migliaia di euro.
Il sequestro della preziosa refurtiva, effettuato la scorsa notte, benché di piccole dimensioni, deve farci riflettere su di una circostanza: la domanda di tali reperti sul mercato illegale è talmente forte, e sicuramente remunerativa, da spingere micro organizzazioni a sconfinare in altre provincie per soddisfarne le richieste verosimilmente provenienti sia da collezionisti che dalla stessa criminalità organizzata.