La Fiat e Agrodolce, due sconfitte nello stesso anno e nello stesso luogo. Termini e la Sicilia hanno una cattiva stella?

Nello stesso anno, a distanza di qualche mese l’uno dall’altro, Termini Imerese perde la fabbrica delle auto e la fabbriche della televisione, la Fiat ed Agrodolce. Nessun paragone è possibile fra l’uno e l’altro episodio. La perdita della Fiat è una sconfitta per un’industria dell’auto in Italia, per la politica industriale (inesistente) del governo nazionale e per un assistenzialismo sfrenato che ha fatto sopravvivere la fabbrica in assenza di una visione di mercato. Ma la diversità si annulla per coloro che hanno vissuto, e vivono, il duplice abbandono.C’è chi se la prende con il destino, come sempre cinico e baro, e chi se la prende con gli ex socialisti, protagonisti di Agrodolce – il produttore Luca Josi e il conduttore televisivo (e manager) Gianni Minoli. C’è, infine, chi comincia a credere che la Sicilia sia solo terra di conquista e che i siciliani non ci sappiano proprio fare. E chi, infine, crede che l’una e gli altri siano vittime del cinismo e della malandrineria altrui. Un catalogo di frescacce che ha il solo pregio, per chi ne trae vantaggio, di coprire le responsabilità vere.

Se andate a sfogliare i giornali che si sono occupati della Fiat e di Agrodolce, scoprirete, infatti, che i più severi nel raccontare le vicende di termini sono quelli che hanno sponsorizzato entrambi, così come erano presentate, le due iniziative: quella industriale e di grande respiro, la fabbrica delle auto, e quella cinematografica. La prima era la risposta, costosissima, al bisogno di lavoro del Mezzogiorno, costosissima (per l’erario) e furba; la seconda, l’affascinante avventura nel mondo dell’immaginario, che finalmente trova una location ideale nell’Isola dei talenti sperperati.Il fiume di incentivi che hanno drogato i conti ed ignorati il mercato è stato ignorato, come i tanti corsi d’acqua che da alcuni anni a questa parte dopo un temporale distruggono paesi e fanno vittime innocenti. La crisi economica, come i temporali, spazza via gli incentivi e getta sul lastrico persone per bene e talenti, ma anche manutengoli e approfittatori, che sugli incentivi s’ingrassano. Ma di questo si è taciuto, in clima bipartisan. Non è una novità: la speculazione fondiaria (all’origine dell’abuso edilizio) che ha distrutto le coste, le città, il paesaggio siciliani, ha potuto contare sulla destrezza dei procacciatori di affari, professionisti insospettabili, imprenditori senza scrupoli e l’indulgenza verso gli abusivi per necessità, i destinatari delle rimesse dall’estero.Gli operai della Fiat hanno fatto il loro lavoro con diligenza, prodotto manufatti di prim’ordine, che costano troppo e scontano ritardi nelle ricerca, innovazione e sviluppo. Gli attori e le maestranze di Agrodolce, del pari, hanno fatto del loro meglio, ma hanno confezionato un prodotto che non è stato premiato dall’audience, ma solo dai soldi pubblici, al pari della Fiat.Nonostante la diversità delle cause, subiscono entrambi la cattiva sorte di coloro che, credendo di spendere poco e bene, costruiscono la casa abusiva (per sé ed i figli, un piano per ogni figlio) a valle di un costone di montagna o in una periferia cittadina priva di acqua, luce, fognature, strade e tutto il resto.Quante altre Fiat e Agrodolce dovrà subire il mezzogiorno prima che si comincia a guardare in faccia la realtà per tempo? Perorare la causa delle risorse, dell’assistentato, degli incentivi – comunque mascherati – per dare lavoro ai meridionali, siciliani o napoletani che siano, fa felici gli arraffatori, non i lavoratori. Fino a che la locomotiva è in mano a incompetenti, gente senza scrupoli e politici da strapazzo, i vagoni non avranno scampo.Che fare, dunque? Chi fa il nostro mestiere – informare, riflettere, denunciare, comunicare – ha il dovere di dire le cose come stanno fin dall’inizio. Se Agrodolce non va, occorre scriverlo e denunciare la qualità del prodotto. Starsene zitti per evitare che si abbassi la saracinesca, porta a tremende conseguenze, sconfitte irreversibili. E l’esperienza sbagliata diventa il paradigma dell’incapacità e dell’impossibilità. Quasi che Termini Imerese o la Sicilia non fossero buoni a costruire automobili o realizzare fiction.

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