Comunicato Stampa
L’increscioso episodio che ha visto coinvolti in una rissa giovani immigrati e abitanti di un quartiere della nostra città ci obbliga, come comunità cristiana, ad alcune riflessioni che vogliamo avviare stasera, brevemente, ma che proseguiranno, in modo approfondito, nei prossimi giorni con specifici incontri.
Non si tratta di entrare nel merito di quanto è successo, delle cause, delle responsabilità… nè di attribuire colpe e ragioni: spetta alle forze dell’ordine e alla magistratura il compito di accertare quanto realmente accaduto, individuare le singole responsabilità, sanzionare e punire chi ha sbagliato.
Quello su cui ci pare doveroso riflettere riguarda, piuttosto, la reazione e la presa di posizione di tanti – e tra questi tanti, purtroppo, diversi cattolici praticanti – appena la notizia si è diffusa.
Una criminalizzazione di tutti gli immigrati, senza distinzione alcuna: tutti colpevoli, tutti violenti e violentatori, tutti molestatori, tutti fannulloni, tutti parassiti e approfittatori… tutti pericolosi criminali da cacciare, ributtare in mare, se non addirittura “eliminare”….
Sui social un’esplosione di odio, di razzismo… una violenza verbale, irrazionale, immotivata, ma quel che è più doloroso, antiumana e antievangelica… proprio la notte di Pasqua e nel giorno del Lunedì dell’Angelo.
Ecco perché, come comunità cristiana, abbiamo bisogno di riflettere, di pregare, di un rigoroso esame di coscienza alla luce della Parola del Signore, del Suo Vangelo, del Suo Esempio.
Avviamo questo percorso stasera e lo facciamo ascoltando e meditando le parole che il nostro Santo Padre Papa Francesco ha pronunciato in occasione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato:
“«Ogni forestiero che bussa alla nostra porta è un’occasione di incontro con Gesù Cristo, il quale si identifica con lo straniero accolto o rifiutato di ogni epoca (cfr Mt 25,35.43)». E per il forestiero, il migrante, il rifugiato, il profugo e il richiedente asilo ogni porta della nuova terra è anche un’occasione di incontro con Gesù. Il suo invito «Venite e vedrete!» è oggi rivolto a tutti noi, comunità locali e nuovi arrivati. È un invito a superare le nostre paure per poter andare incontro all’altro, per accoglierlo, conoscerlo e riconoscerlo. È un invito che offre l’opportunità di farsi prossimo all’altro per vedere dove e come vive. Nel mondo di oggi, per i nuovi arrivati, accogliere, conoscere e riconoscere significa conoscere e rispettare le leggi, la cultura e le tradizioni dei Paesi in cui sono accolti. Significa pure comprendere le loro paure e apprensioni per il futuro. E per le comunità locali, accogliere, conoscere e riconoscere significa aprirsi alla ricchezza della diversità senza preconcetti, comprendere le potenzialità e le speranze dei nuovi arrivati, così come la loro vulnerabilità e i loro timori.
L’incontro vero con l’altro non si ferma all’accoglienza, ma ci impegna tutti nelle altre tre azioni che ho evidenziato nel Messaggio per questa Giornata: proteggere, promuovere e integrare. E nell’incontro vero con il prossimo, saremo capaci di riconoscere Gesù Cristo che chiede di essere accolto, protetto, promosso e integrato? Come ci insegna la parabola evangelica del giudizio universale: il Signore era affamato, assetato, nudo, ammalato, straniero e in carcere, e da alcuni e stato soccorso mentre da altri no (cfr Mt25,31-46). Questo incontro vero con il Cristo è fonte di salvezza, una salvezza che deve essere annunciata e portata a tutti, come ci mostra l’apostolo Andrea. Dopo aver rivelato al fratello Simone: «Abbiamo trovato il Messia» (Gv 1,41), Andrea lo conduce da Gesù affinché faccia la stessa esperienza dell’incontro.
Non è facile entrare nella cultura altrui, mettersi nei panni di persone così diverse da noi, comprenderne i pensieri e le esperienze. E così spesso rinunciamo all’incontro con l’altro e alziamo barriere per difenderci. Le comunità locali, a volte, hanno paura che i nuovi arrivati disturbino l’ordine costituito, “rubino” qualcosa di quanto si è faticosamente costruito. Anche i nuovi arrivati hanno delle paure: temono il confronto, il giudizio, la discriminazione, il fallimento. Queste paure sono legittime, fondate su dubbi pienamente comprensibili da un punto di vista umano. Avere dubbi e timori non è un peccato. Il peccato è lasciare che queste paure determinino le nostre risposte, condizionino le nostre scelte, compromettano il rispetto e la generosità, alimentino l’odio e il rifiuto. Il peccato è rinunciare all’incontro con l’altro, all’incontro con il diverso, all’incontro con il prossimo, che di fatto è un’occasione privilegiata di incontro con il Signore.
Da questo incontro con Gesù presente nel povero, nello scartato, nel rifugiato, nel richiedente asilo, scaturisce la nostra preghiera di oggi. È una preghiera reciproca: migranti e rifugiati pregano per le comunità locali, e le comunità locali pregano per i nuovi arrivati e per i migranti di più lunga permanenza. Alla materna intercessione di Maria Santissima affidiamo le speranze di tutti i migranti e i rifugiati del mondo e le aspirazioni delle comunità che li accolgono, affinché, in conformità al supremo comandamento divino della carità e dell’amore al prossimo, impariamo tutti ad amare l’altro, lo straniero, come amiamo noi stessi”.
OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO- Basilica Vaticana – Domenica, 14 gennaio 2018