Crisi Fiat: il grande BLUFF della Dr

Più che di un piano industriale ci sarebbe bisogno di un miracolo. Almeno guardando i numeri. E chissà che Massimo Di Risio, patron di Dr Motor, l’azienda selezionata da Invitalia per rilanciare lo stabilimento Fiat di Termini Imerese, non abbia già un debito con la Santuzza. Sì, perché, il piano che ha convinto l’advisor del ministero per lo Sviluppo economico ha invece lasciato molto perplessi sindacati e lavoratori che, non a caso, dallo scorso 13 settembre (giorno previsto per il rientro al lavoro dopo lo stop che, tra ferie e cassa integrazione, andava avanti dal 29 luglio) hanno deciso di incrociare le braccia per l’ennesima volta. Ad oltranza. O almeno fino a quando non verranno date loro delle rassicurazioni sul futuro occupazionale dei 2.200 lavoratori di Fiat e indotto. E non solo di 1.300 entro il 2016 come annunciato da Dr, commenta il segretario della Fiom di Palermo, Roberto Mastrosimone. Che aggiunge: Al momento il percorso intrapreso è pieno di incertezze, a cominciare dai lunghi periodi di cassa integrazione che si profilano per centinaia di lavoratori. Dello stesso tenore le dichiarazioni di Giovanni Scavuzzo di Fim Cisl: Dr assicura 1300 posti, ma tra quattro anni. E nel frattempo? Non si può pensare di andare avanti con la cassa integrazione. E così dopo le tante fantacandidature susseguitesi negli ultimi mesi, l’assegnazione degli impianti a Dr Motor (procedura che dovrebbe essere perfezionata il prossimo 8 ottobre con la firma del contratto tra governo, Regione siciliana e Invitalia), scatena un mare di scetticismo.

I dubbi dei sindacati Cerchiamo di capire il perché. La Dr Automobiles Groupe di Massimo di Risio (azionista quasi unico con il 99,4% del capitale) assembla oggi tre prodotti del partner cinese Chery: il Suv compatto Dr5, la più piccola Dr2 e la citycar Dr1. Se non le avete mai notate non è perché siete dei tipi distratti, ma piuttosto perché di questi esemplari in giro ce ne sono davvero pochi. Più precisamente, secondo l’Unrae, l’Unione nazionale rappresentanti autoveicoli esteri, il brand Dr nel primo semestre 2011 ha venduto in Italia 1.936 vetture con una quota di mercato dello 0,19%, mentre nel primo semestre 2010 aveva commercializzato 2.608 vetture. In agosto Dr ha immatricolato 131 vetture rispetto alle 113 dello stesso mese del 2010, con un incremento del 15,93%. Ma se si confrontano i dati di vendita dei primi otto mesi del 2011 emerge l’immatricolazione di 2.326 unità rispetto alle 3.177 del 2010 con un -25,38% su base annua. Vediamo adesso il progetto con il quale Di Risio si è aggiudicato lo stabilimento termitano: dallo stabilimento siciliano l’imprenditore intende far uscire la Dr3, una 5 porte, segmento B (concorrente di Fiat Punto, Ford Fiesta o Kia Rio) da proporre a un prezzo tra gli 11 e i 13 mila euro. Accanto alla Dr3 Di Risio porterebbe in Sicilia le nuove edizioni della Dr1 e della Dr2, nonché il restyling della Dr5. Il tutto, per una capacità produttiva a regime (ossia nel 2016), di 60 mila veicoli. Previsione sicuramente ottimistica (nonostante già preveda di dimezzare la capacità effettiva dello stabilimento che è di 100-120 mila unità) soprattutto in un mercato italiano ed europeo che si prospetta in calo per il 2012 e in leggera ripresa per gli anni successivi. Ma come sarà possibile arrivare al 2016 all’obiettivo delle 60 mila vetture? È quello che ci chiediamo anche noi, ribadiscono i sindacati. Timore al quale Di Risio risponde con l’immissione nel mercato di quattro modelli che coprono quattro segmenti di mercato: A giugno 2012 saremo già in grado di commercializzare la Dr3 assemblata a Termini – spiega – e poi andremo avanti con le altre. A noi basta conquistare il 2% in ognuno dei quattro segmenti in cui operiamo. E nei nostri progetti c’è il coinvolgimento dell’indotto. Intanto al prossimo Motor Show di Bologna presenteremo i prototipi dei quattro modelli e ogni quattro mesi ne metteremo in vendita uno.

I conti in rosso di Dr Ma a turbare il sonno dei sindacati ci sono anche altri fattori non meno rilevanti. Primo fra tutti, il bilancio 2010 del gruppo molisano che deve ancora essere approvato e ottenere il via libera dei revisori, dopo il piano di revisione che le banche creditrici hanno imposto a Di Risio in primavera. Un’attesa determinata dall’ultimo bilancio depositato, quello del 2009 che, come riporta il Sole24Ore, evidenziava un fatturato consolidato della capogruppo, la Dr Motor Company, di 47 milioni di euro (senza considerare il giro d’affari delle concessionarie che vendono vetture anche di altre marche e che non rientrano neppure nell’operazione di Termini), un utile operativo di 1,6 milioni e un utile netto di 35 mila euro. Nello stesso documento contabile, però, c’è anche una voce in rosso: i debiti a fine 2009 ammontavano infatti a 74 milioni di euro, 34 dei quali con le banche; la posizione finanziaria netta era negativa per 34 milioni di euro a fronte di un patrimonio netto di poco meno di 10 milioni. Per questo una delle misure chieste dagli istituti di credito era l’aumento di capitale da 10 a 15 milioni; operazione che però ad oggi non è ancora stata fatta. Di positivo c’è che nel 2010 le vendite sono più che raddoppiate, toccando le 5 mila unità ma, come abbiamo visto, nei primi otto mesi del 2011 questo trend non è stato confermato. Ed ecco l’altra questione: come può un’azienda con debiti superiori di quattro volte rispetto al patrimonio netto prendere le redini di uno stabilimento che, secondo gli accordi preliminari, richiederà investimenti per 125 milioni di euro?

I finanziamenti pubblici È vero che sul piatto, secondo l’accordo sottoscritto al ministero, 179 milioni di euro: 39 a fondo perduto, 45 come contributo all’occupazione da parte della Regione e 95 sotto forma di credito bancario garantito a Dr da Intesa Sanpaolo, Unicredit e Mps. La domanda, in questo caso, è: perché dove Fiat ha abbandonato per la proibitiva incidenza dei costi di produzione (si parlava di mille euro in più a vettura) e i problemi di logistica dello stabilimento siciliano, dovrebbe riuscire Dr? A noi costa meno fare arrivare i componenti in Sicilia o in Molise dalla Cina che non alla Fiat da Torino – risponde Di Risio –. Per noi Termini è un punto di forza e il fatto che la città sia dotata di un proprio porto è un vantaggio. Dichiarazione che cozza con quanto dichiarato dal gruppo molisano il 23 dicembre del 2009, quando in una nota tuttora rintracciabile sul sito di Dr (http://www.drmotor.it/archivio_news.php) l’azienda affermava di non essere assolutamente interessata a rilevare lo stabilimento produttivo di Termini e dichiarava la propria estraneità a trattative e concertazioni di qualsiasi genere. L’attuale modello produttivo della Dr e i piani di sviluppo di medio e lungo termine – continuava la nota – non sono assolutamente conciliabili con un’ipotesi di acquisto di un sito come quello siciliano. Evidentemente qualcosa è cambiato. E c’è chi maligna che a convincere Di Risio siano stati i 40 milioni a fondo perduto.

Gli altri protagonisti Per rilevare l’ex stabilimento Fiat, oltre alla Dr Motor sono state selezionate anche la Lima Group, azienda friulana che opera nel mercato delle protesi ortopediche di alta qualità ed elevata tecnologia; Newcoop, azienda piemontese che si occupa di piattaforme logistiche e di svuotamento e riempimento di container e silos; Medstudios che a Termini vorrebbe realizzare un polo cinematografico-tv, ideato da Massimiliano Fuksas per Einstein Multimedia; e Biogen, la nuova società costituita dalla Ricciarelli spa e da Mondopower, il cui progetto prevede la realizzazione di un impianto per la produzione di energia da fonti rinnovabili. È rimasta fuori la De Tomaso di Gianmario Rossignolo, l’ex presidente di Telecom, che più di un anno fa ha rilevato lo storico brand Pininfarina e che a Termini avrebbe voluto costruire una vettura di fascia alta. Dr, Lima Group e Biogen – afferma il governatore Raffaele Lombardo – assorbiranno circa 1500 lavoratori. Altri 150 lavoratori saranno assorbiti dalle imprese che erano state già selezionate. E riguardo all’indotto aggiunge: Di Risio mi ha assicurato che si avvarrà delle aziende dell’indotto. Certamente i sindacati verranno invitati a un tavolo per conoscere tutti i dettagli della nuova produzione su Termini Imerese.

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