Il patron di Blutec, Roberto Ginatta, non andava arrestato, l’inchiesta sulla presunta malversazione da 16 milioni di euro legata ai finanziamenti pubblici concessi da Invitalia per rilanciare lo stabilimento ex Fca di Termini Imerese deve ripartire da zero. Lo ha deciso il tribunale del riesame di Palermo, che giovedì 28 marzo ha annullato le misure cautelari inflitte dal gip di Termini Imerese nei confronti del presidente di Blutec, disponendo la liberazione dagli arresti domiciliari. Il tribunale ha anche riconosciuto l’incompetenza territoriale della Procura di Termini Imerese sollevata dai difensori dello Studio Grande Stevens, in favore della Procura di Torino.
Gli avvocati Michele Briamonte, per Blutec, e Nicola Menardo e Stefania Nubile, per Ginatta, «prendono atto con favore della decisione del Tribunale di Palermo, che mette in luce le criticità delle iniziative precedentemente assunte nei confronti degli amministratori di Blutec, e confermano che il dottor Ginatta è pronto a difendere con forza, avanti all’autorità giudiziaria competente, la legittimità dell’operato della società sul progetto di riqualificazione di Termini Imerese, auspicando che i rilevanti sforzi sino ad oggi profusi per il rilancio del sito e dell’occupazione non siano vanificati dalle vicende occorse nelle ultime settimane».
In particolare nelle scorse settimane Ginatta stava trattando con il gruppo cinese Jiayuan la firma di un memorandum of understanding finalizzato al passaggio dello stabilimento siciliano ai cinesi e un investimento congiunto fino a 50 milioni di euro per avviare la produzione di auto elettriche. La parte cinese aveva anche preparato tutto per riuscire a sottoscrivere il documento — che Corriere.it pubblica qui — durante la visita di Stato del presidente cinese Xi Jinping a Roma il prossimo 21-22 marzo. Una firma poi saltata per le inevitabili incertezze derivate dall’inchiesta e dal passaggio di consegne del gruppo Blutec al commissario straordinario Giuseppe Glorioso, nominato dal gip di Termini Imerese dopo il sequestro delle società disposto insieme con gli arresti e l’interdizione a ricoprire incarichi societari per Ginatta e l’amministratore delegato di BluTec, Cosimo Di Cursi, anch’egli finito ai domiciliari.
La stessa BluTec aveva in corso da un anno un braccio di ferro con Invitalia per la restituzione dei 16,5 milioni che non sarebbero stati investiti nel rilancio degli impianti, sui 21 milioni ottenuti come prima tranche del finanziamento agevolato di 95 milioni previsti dal «contratto di sviluppo». Tra l’agenzia pubblica di promozione degli investimenti e BluTec era stato raggiunto lo scorso giugno un accordo su una transazione che prevede la restituzione rateizzata dei 16,5 milioni e la contestuale concessione di nuovi finanziamenti per procedere negli investimenti. Ma dopo diversi mesi manca ancora l’ok del ministero dello Sviluppo economico per la firma della transazione, secondo i solleciti inviati dall’azienda allo stesso Mise.
Intanto i sindacati continuano ad essere preoccupati per il futuro dello stabilimento: «Il 9 aprile andremo a Roma con due pullman di lavoratori, e con una delegazione di sindaci, per manifestare davanti al Mise con lo scopo di chiedere al governo di intervenire nei confronti di Fca e della Blutec per dare un futuro ai 700 operai diretto e ai 300 dell’indotto di Termini Imerese»,ha detto il segretario della Fiom siciliana , Roberto Mastrosimone, a proposito dell’incontro al Mise del 9 aprile sulla vertenza Blutec.







