La deadline è fissata per il 13 ottobre. Entro quella data, la Blutec di Roberto Ginatta dovrà presentare al Tribunale Fallimentare di Torino un concordato preventivo, credibile e applicabile, che eviti il dissesto totale della società del settore dell’automotive con sede a Rivoli. L’alternativa è il crac. Alla finestra c’è la Procura, che nelle settimane scorse ha presentato un’istanza di fallimento: l’udienza si terrà il 23 ottobre. L’amministratore giudiziario Giuseppe Glorioso — nominato dal Tribunale all’indomani della bufera giudiziaria che ha travolto il presidente del consiglio di amministrazione Ginatta, e l’amministratore delegato Vittorio Di Cursi — ha quindi un mese di tempo per riuscire a trovare un accordo con i creditori e attuare un piano di rilancio. L’impresa non è facile, perché Blutec versa in «una condizione di gravissima tensione finanziaria caratterizzata da un’elevata esposizione debitoria scaduta e da carenti giacenze finanziarie», come si legge nel decreto con cui è stato concesso il concordato con riserva. Al momento Blutec avrebbe un’insolvenza di circa 12 milioni di euro, maturata negli ultimi tre anni. I primi segnali negativi sono del 2016. Dai documenti emerge che già allora la società comincia ad accumulare con l’erario debiti di natura previdenziale, raggiungendo quota 4 milioni.
Nel 2017 e nel 2018 l’esposizione cresce fino a toccare e superare 7,5 milioni di euro. Di pari passo aumentano anche i debiti nei confronti dei privati. Agli atti ci sono decreti ingiuntivi per circa 3 milioni di euro maturati tra il 2016 e il 2018. Sono tante le aziende e i fornitori che ora bussano alla porta di Blutec per riavere il dovuto: dalle Acciaierie Arvedi agli studi di consulenza, fino alla Co.metal che è stata tra le prime a promuovere azioni legali contro le imprese della famiglia Ginatta. Ed è anche con loro che adesso l’amministratore giudiziario dovrà trovare un accordo. Il 13 ottobre il giudice Vittoria Nosengo valuterà il lavoro fatto e deciderà se concedere il concordato preventivo, salvando le aziende e con esse il destino di 880 lavoratori sparsi in tutta Italia. Se il piano sarà bocciato, il passo successivo sarà il fallimento: come richiesto dal procuratore aggiunto Marco Gianoglio e dal sostituto Vito Destito. Il destino societario della Blutec si intreccia inevitabilmente con l’inchiesta penale in cui Ginatta e Di Cursi sono indagati per malversazione ai danni dello Stato. Entrambi sono accusati di aver sottratto alla società 16 dei 21 milioni di euro assegnati da Invitalia — l’agenzia per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa partecipata al 100 per cento dal ministero dell’Economia — per il rilancio dell’ex fabbrica Fiat di Termini Imerese.
Il finanziamento sarebbe stato sprecato — così sostiene l’accusa — fra spese non ammissibili, costi fantasma e strani movimenti bancari. Se la Blutec dovesse fallire, il titolo di reato dell’inchiesta cambierà: Ginatta e Di Cursi si troverebbero indagati per bancarotta fraudolenta. A fine luglio gli uomini della Guardia di finanza di Palermo, a seguito dell’ordinanza del gip Rosanna Croce, hanno sequestrato agli indagati beni per 16 milioni di euro, una somma che rappresenta «l’intero profitto del reato». A marzo la Procura di Termini Imerese aveva ottenuto un analogo provvedimento, ma il Tribunale del Riesame di Palermo lo aveva annullato confermando solo il blocco dell’azienda Blutec. L’inchiesta è stata poi trasferita in Piemonte, dove la magistratura ha chiesto un nuovo sequestro per evitare che i beni andassero perduti. Il provvedimento è stato confermato anche dal Tribunale del Riesame.







