A chi serve la fusione tra i Licei di Termini Imerese? Nota del Prof. Fausto Clemente

La progettata e, per quel che risulta, imminente fusione tra il Liceo scientifico Palmeri e il Liceo Classico Ugdulena di Termini Imerese rischia di passare in giudicato senza che nessuna delle categorie interessate (studenti, docenti, famiglie, personale amministrativo ed ausiliario) abbia avuto la minima possibilità di essere informato sulle motivazioni oggettive del provvedimento. Sono stato preside dal 1993 al 2013, e di questi vent’anni ben quindici li ho trascorsi al Palmeri.

Mi si scuserà quindi se entro nel merito della questione con una particolare sensibilità e con una franchezza che potrebbe violare i limiti del politicamente corretto: il fatto è che l’operazione burocratica della fusione, apparentemente innocua per l’utenza interna ed esterna, implica conseguenze di non secondario rilievo soprattutto per chi in quelle scuole ci vive e ci lavora.

A questo si aggiunga la mancanza – non casuale a mio avviso – di tutta una serie di passaggi procedurali che la P.A. dovrebbe avere la prudenza di rispettare, soprattutto quando gli aspetti formali dell’azione amministrativa hanno ricadute prevedibili su situazioni e condizioni consolidate nel tempo.

Volendo procedere con ordine, mi sono posto perciò l’antica domanda di Cassio Longino: cui bono?, utilissima per escludere una dopo l’altra le ipotesi senza fondamento o del tutto peregrine. Conviene premettere una nota didascalica su quella che è sino ad oggi la configurazione dei due istituti: Il Liceo scientifico registra in atto 694 iscritti.

Al numero si aggiungevano fino all’anno scorso i circa 180 ragazzi della sede staccata di Ciminna, che consentiva all’istituto di avvicinarsi a quota 900 iscritti e di essere per anni il più grosso istituto del territorio. Il divo Giulio diceva che a pensar male si fa peccato, ma che di solito ci si azzecca. Accogliendo il suggerimento di chi nel campo la sapeva lunga, si può pensare che lo scorporamento della sede di Ciminna da Termini a Bagheria – attuato come di rito sulla testa di dipendenti, studenti e famiglie – sia stato propedeutico all’operazione in cantiere quest’anno, visto che la riduzione di circa il 18% degli studenti dello scientifico costituisce un indebolimento non indifferente dei parametri quantitativi e causa la sua retrocessione da IISS (istituto di Istruzione Secondaria Superiore) a Liceo Scientifico.

Se, nella fusione, il parametro della complessità organizzativa giocherà un qualche ruolo, quella che è solo un’ipotesi avrà la sua conferma. Ma veniamo al Liceo Ugdulena: gli iscritti di quest’anno, inclusi gli studenti che frequentano l’Artistico, sono in tutto 385 (294+91).

A questi si aggiungono i 547 alunni frequentanti le sedi associate di Caccamo, ossia il Liceo delle scienze umane e l’Alberghiero, istituito e avviato in una sede di accomodo al semplice scopo di reclutare nuovi alunni-clienti; privo di strutture, materiali e laboratori, l’Alberghiero di Caccamo è stata ad oggi una realtà fantasmatica, alla cui plateale anomalia sta tentando di rimediare la tenacia della nuova dirigente del Classico allo scopo di restituirgli un minimo di legalità e di dignità formativa.

I 547 iscritti fanno comunque comodo all’amministrazione comunale di Caccamo, che in base ai parametri indicati per i comuni di montagna, chiede il distacco dei plessi caccamesi dal Liceo Ugdulena. A questo punto la questione si riduce al modo di salvare l’autonomia del Classico, visto che la norma non consente di sopravvivere con meno di 600 iscritti.

La fusione Classico-Scientifico diventa una scelta conseguente, una soluzione che soddisfa le smanie di visibilità dell’amministrazione comunale caccamese e consente al Liceo classico di non essere semplicemente aggregato dalla struttura numericamente più significativa.

Nel quadro complessivo della non edificante vicenda è difficile infatti intravvedere altre ragioni: non esiste nessun risparmio erariale, considerato che alla soppressione di una presidenza e di una segreteria a Termini corrisponde l’istituzione del nuovo istituto autonomo di Caccamo; la speciosa delibera n.117/2019 dell’amministrazione caccamese che fa valere il numero “superiore” degli iscritti di Caccamo rispetto a quelli del Classico vale ben poco, dacché, come avviene per tutti gli istituti superiori, una buona fetta degli iscritti proviene da Termini e dai centri viciniori. In compenso vengono disinvoltamente disattese le condizioni poste dalle stesse norme regionali in materia di razionalizzazione della rete scolastica, in particolare i punti h) e i) dell’ art. 1 del D.A. 2300/2018, che escludono che si possa procedere a modifiche dell’assetto istituzionale senza necessità funzionale e vietano la riorganizzazione di istituzioni scolastiche che sono state oggetto di ridimensionamento negli ultimi tre anni (è il caso dello Scientifico, ridimensionato nel 2018 con lo scorporamento di Ciminna).

Quisquilie evidentemente agli occhi di chi decide dall’alto, che fanno il paio con la mancata consultazione dei Collegi delle due istituzioni scolastiche sull’ipotesi di fusione, cosa che documenta il sostanziale disprezzo delle prerogative e della stessa dignità professionale dei docenti da parte di chi decide la loro sorte a tavolino e a porte chiuse negli uffici dell’assessorato e dell’USR. Docenti e personale ATA saranno infatti, ancora una volta, quelli che pagheranno il disagio di un provvedimento che stravolgerà le graduatorie interne, costringerà alcuni a spostamenti di sede, con gli inevitabili contraccolpi sulle motivazioni professionali degli uni e degli altri. La fusione arriva in sostanza come il diktat di una politica e di una P.A. che, secondo le migliori tradizioni dell’Isola, navigano a vista, miopi rispetto a interessi autentici e di largo respiro, indifferenti rispetto alle conseguenze delle loro scelte in termini di efficienza reale delle istituzioni scolastiche, incapaci di tener conto del profilo reale di un territorio e di chi vi opera, pronte tuttavia a soddisfare esigenze che, come in questo caso, sembrano rispondere solo a velleità campanilistiche e a calcoli di parte. Cui prodest scelus, is fecit, direbbe Seneca. E anche lui, in questo come in altri casi, ci azzeccherebbe.
Fausto Clemente.

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