Repubblica di oggi 04-05-2018: Termini Imerese dove svanisce anche il sogno Blutec

da “La Repubblica” del 04-05-2018
servizio di MARCO PATUCCHI

Termini Imerese dove svanisce anche il sogno Blutec
Doveva mantenere 800 posti nella fabbrica che fu della Fiat, ma 3 anni dopo tutto è fermo.
L’estate scorsa un tizio si è piazzato davanti ai cancelli con un banchetto per vendere le panelle ai bagnanti: sono andato subito negli uffici della direzione e ho chiesto di farlo spostare. Questa è la nostra fabbrica, che figura ci facciamo…». Giuseppe è appena uscito dallo stabilimento: capannoni e piazzali semideserti che sono la linea di confine tra il mare e il Monte San Calogero. San Calòriu dicono qui. Il vento ha spazzato le nubi del mattino, disegnando nitidi sotto il cielo la montagna e le onde. F. la stessa linea di confine che separa Giuseppe da Francesco che è un cassintegrato e nella fabbrica non mette piede da quattro anni. Ma rabbia e orgoglio sono uguali nei loro sguardi e nelle loro parole: «Io lì dentro c’ho passato più di trent’anni. senza fare mai un giorno di malattia – quasi urla Francesco – Le macchine le sapevamo fare bene, la Fiat se lo ricorda. Ora se salta tutto che faccio? Mi butto a mare?». Termini Imeresesi intravede appena in fondo al lungo viale che un tempo era intitolato al Senatore Giovanni Agnelli e che oggi si chiama “Via Primo Maggio Festa dei Lavoratori”. Ma gli operai hanno poco da festeggiare. La Fiat non c’è più, se ne è andata sei anni fa spostando la produzione della Ypsilon in Polonia e lasciando il limbo nel quale annaspano un migliaio di operai e le loro famiglie. Un vuoto che il vento sembra riempire con le voci e i rumori lontanissimi di quando qui. ogni giorno, arrivavano più di quattromila lavoratori da Termini
e da tutti I paesi delle Madonie per sfornare a ripetizione schiere di Cinquecento. Panda. 126. Il sogno anni Settanta di una Sicilia moderna e benestante. Ma è solo una suggestione del maestrale. Oggi nella fabbrica silenziosa si aggirano appena 123 persone con ben poco da fare. Qualcuno racconta che addirittura un paio di manutentori li usano come giardinieri. Oltre i cancelli svetta l’insegna della Blutec. l’azienda piemontese fornitrice storica della Fiat, che nel 2015 ha rilevato l’impianto promettendo la riconversione e il rilancio. E soprattutto la conferma di ottocento posti di lavoro entro il 2018. Tre anni dopo tutto è ancora praticamente fermo: a parte la sparuta avanguardia dei 123, che quasi si sentono in colpa davanti agli altri colleghi. 570 operai sono da quattro anni in cassa integrazione (si esaurirà a dicembre 2018), mentre i circa 300 dell’indotto sono licenziati e con
ammortizzatori sociali che stanno già iniziando a scadere. La sfida di Blutec vacilla paurosamente. All’inizio i piani prevedevano la produzione di un modello di auto elettrica, poi e subentrata la componentistica, ora si punta tutto sull’assemblaggio del motore elettrico dei Doblò Fiat che arrivano dalla Turchia: 7000 furgoni in quattro anni, dice il contratto esecutivo firmato con Sergio Marchionne. ma siamo ancora ad una decina di prototipi ancora alla fase dei test. Non si sa nulla anche del progetto di una moto elettrica per le Poste. E’ come un destino, il presente e il futuro di Termini Imerese dipendono in qualche modo dalla Fiat. Che ha dato e avuto tanto dalla Sicilia. Blutec è in ritardo di un anno sulla tabella di marcia e così Invitalia (l’agenzia pubblica per lo sviluppo industriale.
controllata dal Ministero dell’Economia) ha dovuto chiedere indietro 20 milioni, l’acconto versato sul totale di oltre 70 milioni di finanziamenti previsti, e stracciare il contratto di sviluppo. L’inizio della fine, temono gli operai che hanno scritto al presidente della Repubblica Mattarella e si preparano a sbarcare in massa a Roma per l’incontro urgente chiestodai sindacati al ministro dello Sviluppo Economico. Carlo Calenda. «Blutec qui l’hanno portata il governo e la Fiat – dice il segretario regionale della Fiom. Roberto Mastrosimone – quindi si facciano carico dell’emergenza.
Siamo in grande difficoltà. Blutec non è il massimo come società, ma è l’unica chance rimasta». Giampietro Castano è il responsabile dell’Unità del Mise per la gestione delle crisi industriali: «Blutec ha già avuto molto più tempo di quanto stabilito dalle norme – dice – la rendicontazione doveva arrivare un anno fa. invece l’hanno presentata il 16 marzo scorso. E non va bene: su 20 milioni di acconto, possiamo riconoscergli al massimo 6 di soldi veramente investiti. A questo punto se vogliono rinegoziare l’accordo, restituiscano prima i soldi. Non possiamo rischiare che la Corte dei conti li chieda a Invitalia». Di questo, probabilmente, si parlerà al prossimo incontro al ministero. Ma intanto Termini Imerese è in
ginocchio: dilagano disoccupazione e disagio socioeconomico, l’emigrazione giovanile sembra inarrestabile, centinaia di case e di negozi sono in vendita. «Mia figlia è andata in Germania e mio figlio a Bologna – racconta Pino, un altro cassintegrato, cinquantenne – se non c’è un futuro per me cosa vuoi che vedano loro all’orizzonte». Il Comune è guidato dal centrodestra (come, dallo scorso anno, la Regione), ma alle elezioni del 4 marzo a Termini ha stravinto il M5S. Anche tra gli operai. L’ennesimo caso di populismo della fabbrica. «Secondo me
servirebbe un politico che mette all’asta lo stabilimento con tutti gli operai – dice un altro cassintegrato, con la barba da hipster – abbiamo competenza, la Ypsilon l’abbiamo trasformata noi in un successo, e qui c’è anche una logistica adeguata: ci sarebbe la fila di aziende straniere pronte a prendersi la fabbrica». Eppure i pentastellati hanno un’idea poco entusiasta dello sviluppo industriale: «Se ci fosse un progetto concreto noi non ci sottrarremmo – spiega il deputato regionale Luigi Sunseri, che è di Termini e rappresenta i cinque stelle nella commissione bilancio – ma il rischio è dell’ennesimo sperpero di denaro pubblico. La FIAT ha ucciso questo territorio, e allora perché non pensare ad un modello alternativo all’agglomerato di cemento della zona industriale, cercando investimenti nel tratto di costa che sta davanti alla fabbrica?». Il ritornello del turismo al posto dell’industria, che risuona spesso nei tanti poli produttivi italiani in crisi, ma che non considera l’incommensurabile quantità e qualità del lavoro manifatturiero rispetto al terziario. E poi vallo a dire a questi orgogliosi operai, che la speranza è un futuro, bene che vada, da camerieri.

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