I francesi volevano costruire il Club Med ma oggi il nostro litorale è la “via della ruggine”

Raccontano che il momento della svolta fu quello in cui arrivarono i francesi. Volevano costrutire a Termini Imerese un Club Med. L’amministrazione di allora, metà del secolo scorso, rispose di no: i turisti stranieri avrebbero potuto “corrompere la gioventù termitana”. Così, la cittadina ignorò la via del Turismo e imboccò quella dello sviluppo industriale. Che si rivelerà, dopo pochi decenni, un fallimento. E che trasformerà quel litorale in una “via della ruggine”.
Il mensile “S”, in edicola da ieri, compie un viaggio tra le cattedrali nel deserto, i sogni svaniti, le contraddizioni di Termini Imerese. Una storia fatta di tante storie. A cominciare, ovviamente, da quelle legate all’investimento di Fiat. Una esperienza che oggi è tutta nella ruggine che ha invaso le righiere dello stabilimento. All’interno del quale c’è qualche dipendente. È uno dei circa 200 che sarà “riassorbito” dalla Blutec. L’ultima e più concreta speranza per questi e per gli altri 500 lavoratori rimasti senza lavoro, dopo l’addio di Marchionne. “Da allora purtroppo – racconta il sindaco di Termini Salvatore Burrafato – gli imprenditori arrivati qui in qualche caso sono stati sfigati, in altri sono stati dei delinquenti”.
Tra i vialoni della zona industriale, poi ecco gli stabilimenti della Coprigem. E questa storia è quasi una “parabola”. In tutti i sensi. Una volta, lì aveva deciso di investire Parmalat. Per farlo, aveva tirato su uno degli stabilimenti più moderni d’Europa: l’obiettivo era quello di produrre succhi di arancia rossa, sotto il marchio Santal. Anche quell’esperienza finirà male. Ma lo stabilimento oggi non è del tutto chiuso. Essendo dotato di un depuratore efficentissimo, ecco la riconversione. Che trasmette un po’ di tristezza. Nei luoghi in cui producevano profumati succhi di frutto, oggi arriva il percolato della discarica di Bellolampo.
Ancora nuovo, invece, è lo stabilimento di Blu Boats. Avrebbe dovuto produrre yacht da 45 metri. Ma l’impresa è naufragata a causa della vicenda giudiziaria che ha portato all’arresto del titolare Roberto Grippi, arrestato con l’accusa di una maxi truffa all’Unione europea. Oggi, l’azienda è finita nell’elenco dell’Agenzia per i beni confiscati. E così, anche lo stabilimento sembra in attesa del nulla.
E a proposito di navi, la storia di Termini è anche quella del porto e del fantomatico interporto. “Nel 2016 qui non è ancora arrivata una nave”. Il sindaco Burrafato descrive una situazione al limite della realtà. Al porto di Termini non arrivano più navi. O ne arrivano sempre meno. Il motivo? I fattori sono diversi: dalla crisi generale, all’addio di Fiat, ai problemi sulla A19. Ma anche, spiega il sindaco, “la scelta di far confluire Termini dentro l’Autorità portuale di Palermo”. Una scelta che avrebbe finito, secondo il primo cittadino, per favorire le maestranze del capoluogo, penalizzando quelle termitane. Una ricostruzione contestata, anche sulle pagine di Livesicilia, dalla stessa Autorità palermitana.
L’Interporto invece non è mai nato. E rischia di non nascere più. Serve una ricapitalizzazione per la Società interporti siciliani che l’Ars ha negato un anno fa. Il rischio adesso è di perdere i finanziamenti per le infrastrutture. E a complicare la faccenda, il fatto che la gara, già affidata, sia andata alla Tecnis, azienda oggi commissariata dopo l’inchiesta che ha riguardato i suoi vertici.
Ruggine, ovunque. Alla quale se ne aggiunge sempre altra. Come quella che sta invadendo gli studi che furono di Agrodolce. Oggi, in contrada Impalastro, resta poco di quel sogno cinematografico. Gli studios e gli uffici sono stati preda dei vandali che hanno portato via tutto. Pure il ricordo di quella soap opera terminata prematuramente, tra cause e contenziosi che hanno coinvolto Regione, Rai e società prduttrice. “Andandosene – spiega Burrafato – si sono portati via le speranze di una città che sperava di rinascere, dopo l’addio di Fiat”. Sedotta e abbandonata Termini, anche stavolta.
E a lasciare presto Termini potrebbe essere anche l’Enel, che oggi può contare su una centrale proprio nell’area industriale. Una struttura indicata tra quella da “dismettere”. Nuove rovine, in quell’area dove una volta attecchì l’utopia della “Chimica del Mediterraneo”. Milioni di lire di investimenti pubblici e privati. Che non hanno mai prodotto nulla. Dando vita alla parodia della “Comica del Mediterraneo”. Il risultato più incredibile di quella svolta. Giunta quel giorno in cui arrivarono i francesi. E Termini decise di diventare polo industriale. La via della ruggine.
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